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Prigionieri “volontari” a campo Liberty?

Di Abbas Rezaï
Esperto in diritti dell’uomo e politica estera
 
Huffington Post – 06.02.2012 – Ancora una volta, l’afflizione del campo di Ashraf attira l’attenzione internazionale. La notizia in questione viene da una dichiarazione pubblica della Missione d’Assistenza delle Nazioni Unite in Iraq (MANUI), diretta dall’ambasciatore Kobler, che chiede ai residenti di trasferirsi a campo Liberty. Secondo la dichiarazione, il campo Liberty – una base statunitense abbandonata, presso l’aeroporto di Baghdad – è ormai in conformità con le “norme umanitarie internazionali” e dunque pronta ad accogliere “5500 persone”. Alcuni esperti in diritti dell’uomo sottolineano tuttavia gravi deficienze.
In seguito al selvaggio massacro dell’anno scorso di decine di rifugiati indifesi, ad Ashraf, da parte dell’esercito iracheno, che ha immediatamente scatenato delle proteste internazionali, l’Iraq ha rapidamente annunciato un tempo limite per la chiusura del campo; il 31 dicembre 2011. I residenti non avevano altra scelta, dunque, che quella di lasciare il Paese, secondo le dichiarazioni del governo iracheno.
Già dallo scorso settembre, l’organismo per i rifugiati dell’ONU (l’HCR), era pronto a dare inizio al processo di Determinazione dello Status di Rifugiati di più di 3000 richiedenti asilo del campo di Ashraf. Il processo, tuttavia, non è mai iniziato in quanto l’Iraq ha impedito all’HCR di intavolare i colloqui all’interno del campo stesso, e neppure nei suoi pressi.
Si è avuta l’impressione inoltre, che l’Iraq non avesse nessuna intenzione di accelerare le partenze da Ashraf verso un altro Paese. Al contrario, eseguiva le istruzioni di Teheran per imporre delle condizioni impossibili allo scopo di avere un’altra scusa per lanciare altri attacchi contro Ashraf dopo il 31 dicembre. Ashraf ospita dei membri dell’opposizione più attiva e costante da quando i mullah sono al potere in Iran; i Mujaheddin del Popolo (OMPI).
Il Rappresentante speciale del Segretario generale dell’ONU, Martin Kobler, aveva il compito di trovare una “soluzione pacifica” al dramma. Ha proposto il campo Liberty come soggiorno temporaneo per i residenti di Ashraf affinché l’HCR potesse iniziare i colloqui. L’Iraq ha prolungato fino all’aprile 2012 la data della chiusura del campo, a condizione che il trasferimento fosse il più rapido possibile. Un gruppo di 400 residenti si è dichiarato pronto a partire verso campo Liberty, coi suoi propri beni mobili, allo scopo di mettere alla prova le intenzioni irachene. Ma in breve è diventato evidente come non sussisteva nessuna intenzione seria di facilitare il processo di trasferimento dei rifugiati da parte dell’Iraq. Il vero intento, che sembra essere messo in opera da Teheran, è di creare un centro di detenzione per aumentare lo stato di afflizione, con lo scopo di stroncare la resistenza degli oppositori iraniani.
In una dichiarazione del 25 gennaio, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, ha chiesto di “Non trasformare campo Liberty in una prigione per i residenti di Ashraf”.
Campo Liberty, in origine un’area di 40 km2, è stata ridotta a 0,5 km2. L’area è circondata da mura di cemento di 3,6 mt di altezza. Né i residenti né i loro rappresentanti legali sono autorizzati ad entrare nel campo prima del trasferimento. Non solo, neppure veicoli o altri beni mobili che non siano zaini o valigie possono esservi introdotti. Nessun accesso per avvocati o servizi medici. Nessun incontro a due per 24h su 24 agli osservatori dell’ONU, com’era stato suggerito in precedenza. Le forze di sicurezza armate saranno una presenza costante all’interno del campo. Ogni ingresso e ogni uscita sono controllate dall’esercito. La libertà di circolazione è inesistente.
“Ogni trasferimento fuori dal campo [di Ashraf] procede su base volontaria, con la più alta libertà di circolazione sul luogo di trasferimento”, ha stipulato l’HCR in una dichiarazione del 1o febbraio, facendo emergere l’insufficienza delle dichiarazioni della MANUI.
“Non è un campo di transito; non è una colonia per rifugiati; è un centro di detenzione, una prigione!”, ha sottolineato Guy Goodwin-Gill, docente di diritto internazionale all’Università di Oxford, durante una conferenza a Westminster il 31 gennaio. “Tali condizioni sono del tutto insufficienti, null’altro che inumane, e non dovrebbero essere accettate dall’ambasciatore Kobler”. Ha affermato durante un’altra dichiarazione.
Ma durante una conferenza stampa a Bruxelles, il 2 febbraio, Kobler ha reiterato la sua proposta. “Questa esige una decisione volontaria da parte dei residenti del campo di Ashraf per trasferirsi a campo Liberty.”
“Ci sono due opzioni per i residenti di Ashraf: restare ad Ashraf … ma è un’opzione che può portare alla violenza! … O approfittare dell’offerta del Protocollo d’Accordo (MoU) per spostarsi a campo Liberty.” Ha concluso.
In altre parole; morire ad Ashraf o andare volontariamente in prigione!
“Kobler agisce come un venditore che cerca di piazzare un prodotto difettoso e senza garanzie”. Ha dichiarato una fonte vicina ai negoziati.
Mentre è ben noto il principio secondo il quale i responsabili dell’ONU non si assoggettano a discutere delle condizioni di un richiedente asilo, con un governo, quale che sia, M. Kobler non fa alcun segreto dei suoi ottimi contatti con l’ambasciatore iraniano in merito ad Ashraf.
“Sono in stretto contatti con le autorità iraniane”; affermazione riportata dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemaine, citando Kobler, il 4 febbraio scorso. “Sono certo che numerosi residenti faranno ritorno in Iran”. Ha poi affermato.
“Chi gli ha dato l’autorità di parlare a nome dei nostri cari?” Ha detto Sahid Fathi, un avvocato iraniano in esilio che ha dei parenti ad Ashraf. “È un insulto alla loro dignità!”
Martin Kobler aveva l’appoggio esplicito dell’ONU, della UE e degli USA, per risolvere la crisi di Ashraf. Il suo fallimento nell’usare il suo potere per convincere l’Iraq a rispettare le norme elementari dei diritti umani, al campo Liberty, è percepito inoltre come rabbia.
“Avanti un altro”. Affare fatto. “Tutto secondo il Protocollo d’Accordo e la dichiarazione della MANUI.” Ha deplorato Fathi. “Pubblicare comunicati stampa ornati di termini come “norme umanitarie”, per coprire gravi insufficienze in termini di diritti dell’uomo, è semplicemente immorale.”
 

 

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