domenica, Luglio 20, 2025
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Il rapporto delle Nazioni Unite dipinge un quadro cupo delle violazioni dei diritti umani in Iran

Headquarters of the United Nations in New York

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto provvisorio al Consiglio dei diritti Umani sul peggioramento della violazione dei diritti umani in Iran da parte del regime degli ayatollah, prendendo in considerazione il periodo da agosto 2024 a gennaio 2025. Il documento di 15 pagine offre una triste e completa valutazione delle sistematiche violazioni dei diritti umani sotto il regime, comprese le esecuzioni di massa, l’uso diffuso della tortura, la soppressione delle libertà civili, la discriminazione di genere e l’emarginazione delle minoranze etniche e religiose.

Esecuzioni da record e condanne a morte arbitrarie

Il rapporto rivela che almeno 975 esecuzioni sono state eseguite in Iran nel corso del 2024, il numero più alto dal 2015. Uno sconcertante 52% di questi erano per reati legati alla droga, molti dei quali non sarebbero qualificati come crimini capitali secondo il diritto internazionale. Un numero sproporzionato di persone giustiziate erano minoranze etniche, tra cui 108 baluchi, 84 curdi e 72 cittadini afghani.

Di grave preoccupazione è il continuo uso della pena di morte contro donne e minori. Nel 2024, 31 donne sono state giustiziate—molte per aver ucciso mariti violenti in casi di matrimonio forzato o infantile. Nonostante le affermazioni dell’Iran di non giustiziare minori, il caso di Mehdi Jahanpour, giustiziato per un crimine commesso all’età di 16 anni, contraddice questa affermazione.

Il rapporto documenta anche esecuzioni legate alla rivolta del 2022, tra cui l’esecuzione segreta di Gholamreza Rasaei, avvenuta senza preavviso alla sua famiglia o al suo avvocato, e basata su confessioni forzate estorte sotto tortura.

Torture, punizioni disumane e morti in custodia

La tortura e la punizione crudele rimangono pervasive. In particolare, a due fratelli curdi sono stati amputati le dita nell’ottobre 2024 come punizione per il furto. I rapporti descrivono anche la morte del 36enne Mohammad Mir-Mousavi in custodia della polizia nell’agosto 2024, presumibilmente a causa di gravi percosse. Anche se cinque agenti sono stati arrestati, nessuna responsabilità significativa è stata stabilita.

Anche il metodo di esecuzione stesso è criticato. In un caso straziante, un prigioniero è stato impiccato, rianimato e poi giustiziato mesi dopo che la famiglia della vittima ha cambiato idea sulla concessione del perdono, sollevando serie preoccupazioni sul trattamento disumano.

Prendere di mira giornalisti, manifestanti e attivisti

Il regime ha continuato il suo giro di vite sulla libertà di espressione, con 125 giornalisti perseguiti nel 2024, tra cui 40 donne.

La censura di Internet rimane dilagante, con le reti private virtuali (VPN) ancora ampiamente necessarie. La sorveglianza continua ad essere applicata attraverso il riconoscimento facciale, in particolare rivolto alle studentesse e ai partecipanti universitari.

Nel dicembre 2024, il governo ha sospeso una legge molto controversa che impone l’obbligo dell’hijab, ma il rapporto avverte che, se promulgato, legalizzerebbe pene severe—inclusa la morte—per “promuovere la corruzione sulla terra” attraverso atti come la rivelazione pubblica o l’invio di contenuti correlati all’hijab all’estero.

Donne e ragazze: vittime dell’apartheid di genere

Il rapporto descrive i femminicidi diffusi, le molestie per violazioni del codice di abbigliamento e la sorveglianza nelle università. Il matrimonio infantile rimane diffuso, in particolare tra le comunità minoritarie, con statistiche ufficiali su tali pratiche non più pubblicate.

I suicidi del 16enne Arezo Khavari e del 17enne Aynaz Karimi sono citati come esempi del danno psicologico causato dall’applicazione oppressiva del codice di abbigliamento scolastico e dalla mancanza di sostegno alla salute mentale nelle scuole.

Colpire le minoranze: discriminazione etnica e religiosa

Il rapporto sottolinea la discriminazione sistemica contro le minoranze etniche e religiose, in particolare curdi, baluchi, baha’i, cristiani e sunniti. Nell’ottobre 2024, dieci donne baha’i sono state condannate a 90 anni di carcere per aver organizzato attività comunitarie.

Almeno 19 attivisti culturali e poeti arabi sono stati arrestati all’inizio del 2025 nel Khuzestan con il pretesto di operazioni di pubblica sicurezza. Inoltre, gli attivisti culturali azeri hanno ricevuto una condanna combinata di 81 anni di carcere per difesa pacifica.

Progressi limitati e cooperazione internazionale

>> Il rapporto riconosce progressi minimi nell’impegno con i meccanismi internazionali per i diritti umani, ma osserva che il regime iraniano continua a negare l’accesso alla Missione di inchiesta delle Nazioni Unite e ai relatori speciali. Il regime iraniano rifiuta ancora di ratificare i principali trattati sui diritti umani, tra cui la Convenzione contro la tortura e la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne.

Raccomandazioni urgenti

Il Segretario Generale ha emesso una serie di 17 raccomandazioni urgenti, invitando il regime iraniano a:

Abolire la pena di morte e fermare immediatamente tutte le esecuzioni.
Rilasciare tutte le persone detenute per attivismo pacifico.
Garantire il giusto processo.
Eliminare la discriminazione e la violenza di genere.
Proteggere le minoranze etniche e religiose.
Garantire l’accesso a un’assistenza sanitaria di qualità senza discriminazioni.
Ratificare i principali trattati sui diritti umani e impegnarsi pienamente con i meccanismi delle Nazioni Unite.
Questo rapporto rafforza una cruda verità: che il regime iraniano continua a trattare i diritti umani fondamentali non come standard universali, ma come ostacoli da schiacciare in nome del controllo. Con le esecuzioni a un livello record e la repressione che penetra in ogni aspetto della vita civile, la comunità internazionale deve affrontare una crescente pressione per agire con decisione in difesa del popolo iraniano.

Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana
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