lunedì, Marzo 24, 2025
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L’instabilità economica dell’Iran: una prospettiva cronologica

An Iranian man peers inside a partially closed shop
L’economia iraniana ha dovuto affrontare una grave instabilità per oltre quattro decenni, con grandi fluttuazioni che hanno interessato i mercati valutari, dei capitali e degli investimenti. Il popolo iraniano ha risentito direttamente dell’impatto attraverso un forte calo del potere d’acquisto, poiché i prezzi dei beni essenziali, in particolare cibo e alloggi, sono aumentati vertiginosamente. Questo rapporto segue una cronologia dei principali sviluppi economici, offrendo una chiara prospettiva sulla crisi in corso in Iran.
Shock valutari e volatilità del mercato (2011-2025)
La grave svalutazione della valuta è stata una caratteristica fondamentale dell’instabilità economica dell’Iran. Dal 2011, l’Iran ha sperimentato cinque grandi shock valutari, rendendo quasi impossibile la pianificazione finanziaria a lungo termine.
•Primo shock (2011-2013): il dollaro statunitense è balzato da 1.000 a 3.000 toman sotto la guida dell’ex presidente del regime, Mahmoud Ahmadinejad.
•Secondo shock (2018): il ritiro degli Stati Uniti dal JCPOA ha fatto salire il dollaro a 5.000-6.000 toman.
•Terzo e quarto shock (2020-2023): la volatilità valutaria sotto Hassan Rouhani ed Ebrahim Raisi ha spinto il dollaro oltre i 30.000 toman .
•Quinto shock (2024): il dollaro è aumentato del 35% in meno di due mesi, superando i 60.000 toman .
Queste fluttuazioni hanno distrutto la fiducia del pubblico, scoraggiato gli investimenti e eroso i risparmi. (AP News, 2024)
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Aumento dell’inflazione e calo del potere d’acquisto (2011-2025)
L’inflazione in Iran è stata in questi anni tra le più alte al mondo. Sebbene le statistiche e le cifre ufficiali non possano essere completamente affidabili a causa della manipolazione sistemica del regime e della mancanza di trasparenza, forniscono comunque un’ampia indicazione delle sfide economiche in corso nel Paese.
•Prima del 2011, l’inflazione annuale era pari al 25%.
•Tra il 2019 e il 2023, l’inflazione è stata in media del 45%, spingendo milioni di persone in povertà.
•All’inizio del 2024, l’inflazione è rimasta sopra il 40%, con prezzi dei generi alimentari di base in aumento di oltre il 100%. Un anno dopo le direttive del 2023 del presidente del regime Ebrahim Raisi per frenare l’inflazione, i dati della Banca Centrale hanno rivelato un fallimento nel controllarla, con un’inflazione che ha superato il 52%, la più alta in 80 anni, superando sia il record del 49,4% di Rafsanjani sia i livelli dell’era della seconda guerra mondiale.
Nonostante l’aumento del salario minimo, il costo della vita continua a superare gli stipendi, riducendo la classe media.
Declino degli investimenti e crollo della crescita economica (2011-2025)
Secondo i media statali iraniani, il forte calo degli investimenti è stato uno dei trend distintivi degli anni 2010 e 2020.
•Negli anni Novanta, la formazione lorda di capitale fisso dell’Iran è cresciuta a un tasso annuo del 7%.
•Tra il 2011 e il 2025, gli investimenti sono diminuiti in media del 6% all’anno.
•Gli investimenti esteri sono quasi scomparsi: la fuga di capitali è stimata in 15 miliardi di dollari all’anno.
L’incertezza aziendale e la cattiva gestione dello Stato hanno aggravato la disoccupazione e la stagnazione economica.
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Fallimenti strutturali e cattiva gestione economica
L’instabilità economica dell’Iran deriva da una radicata cattiva gestione finanziaria, da deficit di bilancio e da instabilità politica.
1.Squilibri fiscali
•Le entrate pubbliche sono diminuite a causa della cattiva gestione e dell’aumento del deficit.
•La stampa di moneta ha alimentato l’inflazione, peggiorando l’instabilità finanziaria.
•Gli investimenti esteri sono stagnanti a causa delle imprevedibili condizioni economiche.
2.Corruzione e crisi bancaria
•La corruzione diffusa ha causato la fuga di capitali e il declino economico.
•Il settore bancario è sull’orlo del collasso e numerose banche fanno affidamento su attività fittizie.
•L’impeachment del ministro delle finanze del regime nel marzo 2025 evidenzia le divisioni interne.
3.Deficit del settore pubblico
•La previdenza sociale, i comuni e le fondazioni legate all’esercito sono tutti in deficit enormi.
•I servizi pubblici si stanno deteriorando perché i fondi governativi si stanno esaurendo.
•Il debito pubblico continua ad aumentare, mettendo sotto pressione i cittadini a basso reddito.
Ricchezza di risorse, crollo economico
L’Iran, con il 14% delle riserve mondiali di petrolio e gas, dovrebbe essere economicamente forte, ma decenni di cattiva gestione e saccheggio sistematico da parte dell’establishment al potere lo hanno spinto verso l’instabilità.
•Il programma nucleare è costato centinaia di miliardi di dollari, portando a sanzioni economiche senza alcun guadagno finanziario.
•La spesa militare per programmi missilistici, interventi regionali e gruppi armati per procura prosciuga l’economia.
•Per decenni le infrastrutture, l’istruzione e l’assistenza sanitaria sono state trascurate.
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La crisi economica dell’Iran è principalmente il risultato di cattiva gestione, corruzione e irresponsabilità finanziaria. La dittatura clericale dà priorità alla sopravvivenza politica rispetto alla stabilità economica, lasciando milioni di persone alle prese con inflazione, crollo della valuta e calo degli standard di vita.
Una riforma significativa non è né immaginabile né possibile sotto l’attuale regime, il cui fondamento stesso poggia su corruzione, repressione e saccheggio economico. Affinché il popolo iraniano non solo sopravviva, ma rivendichi la propria dignità e prosperi, questo regime, insieme alla sua rete di agenzie corrotte e strutture di potere radicate, deve essere smantellato nella sua interezza. Solo allora la vasta ricchezza e il potenziale dell’Iran potranno servire i suoi cittadini piuttosto che coloro che li hanno sfruttati e traditi per decenni. Un Iran stabile e fiorente non solo ripristinerebbe la prosperità al suo popolo, ma contribuirebbe anche alla pace e alla sicurezza in Medio Oriente e rafforzerebbe l’economia globale, liberando la regione dal ciclo di conflitto e instabilità che è stato a lungo alimentato dalle politiche del regime.

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