giovedì, Marzo 28, 2024
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Maryam Rajavi: “E ora, rafforzare i dissidenti iraniani”

“E ora rafforzare i dissidenti iraniani”, NEW YORK DAILY NEWS

DI MARYAM RAJAVI

L’andirivieni di sostenitori e oppositori dell’accordo sul nucleare iraniano alla fine ha portato ad un risultato positivo: ha messo in luce la situazione dei diritti umani in Iran.

Quello che sta accadendo laggiù, le esecuzioni, gli arresti, le intimidazioni e la repressione, non è nient’altro che una guerra dichiarata dal regime contro il suo stesso popolo.

Se guardiamo al futuro, dobbiamo riconoscere che sbarrare ai mullah il cammino tecnologico verso la bomba, non è sufficiente a stabilizzare la regione. C’è la necessità più urgente di ridurre i loro mezzi politici e strategici per riproporre questa minaccia in futuro. Ciò significa mantenere alta la pressione sulla questione dei diritti umani, perché negando sistematicamente al popolo i suoi diritti, questo regime conserva la sua illegittima presa di potere.

I miei compatrioti iraniani sanno che Tehran ha inseguito l’accordo sulle armi nucleari per compensare la vulnerabilità interna del regime ed espandere al contempo la sua influenza nella regione. La bomba doveva servire a salvaguardare e prolungare la sopravvivenza della teocrazia al potere di fronte al crescente malcontento interno.

Ecco perché agli occhi del popolo iraniano la denuncia della Resistenza Iraniana del programma nucleare clandestino del regime è stata una sorta di spartiacque. Ha segnato un punto a favore delle forze per i diritti umani e la libertà in patria e per la pace e la stabilità nella regione.

Il programma nucleare non può essere isolato dalle palesi violazioni dei diritti umani del regime o dai suoi piani nella regione, che vanno dallo Yemen all’Iraq, alla Siria, fino ai territori palestinesi. Vi sono degli elementi correlati e cruciali nella strategia politica di Tehran.

Non è una coincidenza che quando i colloqui con l’Occidente sul nucleare si sono fatti più seri, Tehran abbia intensificato la sua repressione. Secondo gli osservatori internazionali, il numero delle esecuzioni in Iran, la maggior parte impiccagioni pubbliche dalle gru, ha superato 2000 durante la presidenza di Hassan Rouhani.

E nonostante il deficit della spesa pubblica sia aumentato del 50% quest’anno, rispetto all’anno scorso, il governo Rouhani ha destinato il 30% del budget al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie e ad altre forze di sicurezza dello stato incaricate della repressione interna, per non parlare dell’esportazione del fondamentalismo e delle attività contro i dissidenti all’estero.

Con Rouhani tre brutali attacchi sono stati lanciati contro i dissidenti iraniani a Camp Ashraf e Camp Liberty in Iraq. In uno di questi attacchi, diretti dalla Forza Quds iraniana, sono stati massacrati 52 dissidenti, la cui sicurezza a Campo Ashraf era stata garantita da un accordo internazionale firmato dagli Stati Uniti.

In Iran, la brutale repressione dei cittadini, con l’arresto e la tortura di insegnanti, studenti, operai, sunniti, cristiani convertiti, bloggers, giornalisti e molti altri, è in ascesa. Amnesty International ha riferito ad Aprile che “le autorità iraniane hanno applicato una morsa di ferro sulle istituzioni accademiche”. Le donne vengono abitualmente molestate o arrestate per il loro rifiuto a rispettare l’uso del velo obbligatorio.

Nonostante i segnali di una grave e profonda lotta di potere, Rouhani e il “leader supremo” iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei, sono sicuramente uniti quando si stratta di trovare giustificazioni religiose alle violazioni dei diritti umani. Recentemente Rouhani ha difeso il ritmo con cui avvengono le esecuzioni in Iran, affermando che queste “si basano o su leggi divine o su norme adottate dal Majlis (il parlamento), che rappresenta il popolo. Noi applichiamo solamente queste leggi”.

Il loro mandato divino sembra estendersi all’esportazione del terrorismo e all’appoggio ai movimenti anti-democratici presenti nella regione. Immediatamente dopo l’accordo sul nucleare di Luglio, Khamenei ha ribadito che l’Iran continuerà a fornire “il suo sostegno ai nostri amici nella regione”, mentre Rouhani ha sottolineato “il proseguimento del nostro solido movimento islamico in tutto il mondo dell’Islam”.

Tra questi amici e alleati ci sono il regime di Assad in Siria, nonché le forze regressive in Iraq e Yemen. L’appoggio iraniano ha agito come il principale elemento che ha contribuito a destabilizzare la regione e che, in pratica, ha alimentato l’ascesa dell’ISIS. Sì, i piani di Tehran nella regione sono la più grossa barriera alla mobilitazione della regione contro queste minacce alla libertà.

Il mio messaggio agli Stati Uniti e all’Occidente è che la soluzione a lungo termine alla minaccia iraniana non sta né in un intervento militare straniero, né nella collaborazione con un regime che è tanto oppressivo in patria quanto destabilizzante all’estero.

Con l’accordo sul nucleare, per quanto fallace, ora in essere la corretta politica per progredire è quella che incoraggia e appoggia il desiderio del popolo iraniano di un cambiamento democratico e che difende i diritti umani.

Maryam Rajavi è la Presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, una coalizione di gruppi di opposizione iraniani devoti ad una repubblica democratica, laica e non-nuclearizzata in Iran.

 

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