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Iran: Tutti gli uomini dell’Ayatollah

di  Aldo Forbice

ImagePanorama, 13 febbraio – Pasdaran iraniani: gli uomini di Ahmadinejad che operano in Iraq fanno parte di un corpo scelto di questa milizia: la Sepah Qods (Gerusalemme).
Un dossier di 12 mila pagine, con i nomi di 31.690 agenti che operano in Iraq ma sono al soldo dell’Iran. Chi sono, quanto e come vengono pagati e perché: «Panorama» ha letto in esclusiva questi documenti.

Uno stato iraniano in Iraq: è questo l’obiettivo di Mahmoud Ahmadinejad, della guida suprema Ali Khamenei e di tutto il regime di Teheran. Dalla caduta di Saddam Hussein, il nemico storico dell’Iran, la Repubblica islamica ha tessuto con tenacia e continuità una fittissima rete di rapporti, creando organizzazioni mascherate per poter addestrare militanti, simpatizzanti, guerriglieri filoiraniani, utilizzando al massimo le complicità e le ramificazioni delle strutture religiose sciite (moschee, santuari, scuole coraniche, centri di preghiera e di meditazione) dei musulmani, non solo nelle regioni controllate dall’Islam sciita (62 per cento della popolazione) ma anche in quelle sunnite e curde.
Queste rivelazioni sono contenute in un dossier di 12 mila pagine (in persiano, arabo e inglese) che Panorama ha avuto la possibilità di esaminare in esclusiva. È stato elaborato dalla resistenza iraniana e più precisamente dai Mujaheddin del popolo, che operano all’interno dell’Iran e nelle stesse strutture del potere del regime.

Il dossier è in questi giorni al vaglio dei servizi segreti occidentali (anche il nostro Sismi è riuscito ad averne una copia). E si sa già che il Pentagono, finora all’oscuro di tutto dopo aver investito immense risorse finanziarie nelle operazioni di intelligence, ha promosso una serie di verifiche e sta prendendo molto sul serio il dossier, cominciando a modificare la linea difensiva in Iraq. Quando Condy Rice denunciava le interferenze iraniane in Iraq, non veniva giudicata credibile: sembrava trattarsi dell’ennesimo atto di propaganda della Casa Bianca contro gli «stati canaglia» (Iran e Siria, in modo particolare).
Nessuno ha prestato fede alle denunce del portavoce del Pentagono Sean McCormack, che ha pure di recente affermato: «Ci sono prove solide che agenti iraniani sono implicati in queste reti e che lavorano con individui e gruppi in Iraq e che sono inviati dal governo iraniano». Di fronte a queste dichiarazioni anche gli alleati europei si sono mostrati piuttosto scettici (Massimo D’Alema, ministro degli Esteri, compreso).

Ora però, a giudicare da questo dossier, le prove delle interferenze del regime di Teheran appaiono schiaccianti e inconfutabili. Al punto che, in taluni casi, sembrano ipotizzare una sorta di occupazione iraniana delle strutture di governo irachene (parlamento, ministeri, esercito). La documentazione riguarda gli uomini iracheni con nazionalità acquisita iraniana, gli iracheni sul libro paga di Teheran, la fornitura di ingenti fondi, di attrezzature, armi di vario tipo e tecnologie ai gruppi armati sciiti.
Gli americani, proprio sulla scorta di questo dossier, stanno rivedendo la loro strategia militare cominciando da alcuni giorni col far sorvolare a bassa quota le frontiere Iran-Iraq, nel tentativo di fermare l’intenso traffico di auto e camion che trasportano armi e attrezzature militari di provenienza iraniana. L’11 gennaio è stato scoperto a Erbil (350 chilometri da Baghdad) uno dei numerosi «uffici di collegamento», con l’arresto di cinque agenti iraniani.

Qualche tempo prima a Bassora era stata individuata una delle prigioni segrete, controllate direttamente dal ministero delle Informazioni dell’Iran, dove si praticavano torture fisiche e psicologiche. Il fatto è stato rivelato da un quotidiano dell’Arabia Saudita, Al-Jazerah, ma stranamente nessun giornale in Italia ne ha parlato.
Ecco cosa denunciava il giornale: «Le persone che dirigono la prigione utilizzano nomi falsi iracheni e parlano arabo, ma con un accento iraniano. Il comandante della prigione è il colonnello Karim, il cui padre, la madre e la moglie sono tutti iraniani. Sua moglie e i suoi due bambini vivono in Iran. È in contatto continuo con un agente del ministero delle Informazioni iraniano. Seyed Ali al-Hayanikl è l’ufficiale incaricato degli interrogatori e sorveglia anche le operazioni di tortura sui prigionieri. Ha vissuto in Iran per 20 anni e ha lavorato nella forza speciale Qods. Ghanem è il comandante del corpo di Badr, responsabile della sezione ricerca della prigione segreta di Bassora».

Anche in passato, dunque, denunce sulle interferenze iraniane nel paese vicino circolavano. Forse sembravano casi episodici. E invece… Gli agenti di Teheran hanno fatto di tutto per eliminare testimoni scomodi, come è avvenuto, per citare un caso clamoroso, con la presidentessa del Sindacato delle donne irachene (Iws), Amerei Abdul-Karim al-Aquabi, che si era rivelata una ostinata accusatrice della penetrazione del regime iraniano in Iraq.
Tra l’altro Amerei aveva attivamente collaborato alla raccolta di ben 5 milioni 200 mila firme di solidarietà con i circa 3 mila mujaheddin iraniani che vivono, inattivi, nel campo di Ashraf, chiedendo lo status di rifugiato politico per mille donne mujaheddin che lottano contro il regime islamico di Teheran. Ma non è l’unico atto di terrorismo attuato dagli agenti del regime, come conferma anche il dossier della resistenza iraniana.
Vediamo i dati più significativi delle 12 mila pagine del dossier.

GLI UOMINI DI TEHERAN
Sono 31.690 gli iracheni o finti iracheni «agenti del regime dei mullah» sui fogli paga mensili dell’Iran. Ogni mese infatti vengono portate nelle città irachene cifre ingenti per questo costo fisso. Nel dossier sono elencati in dettaglio i nomi di tutti questi infiltrati ed esattamente: i cognomi iracheni, con i quattro nomi di famiglia; il nome iraniano di origine, il soprannome (quello di battaglia), la data di assunzione in Iran, l’indirizzo in Iraq, la posizione professionale, l’organo militare in cui è inquadrato, il numero di conto corrente bancario, l’entità della retribuzione, in valuta iraniana.
La prima busta paga è di 1.913.097 rial, equivalenti a circa 200 euro, che corrisponde al doppio di uno stipendio medio di un insegnante. Qualche dettaglio: a Bassora operano 3.804 iraniani, con nomi iracheni; la presenza di questi agenti è molto alta nelle province dove prevalgono gli sciiti, il numero si assottiglia nelle zone sunnite e in quelle curde. Il paese è amministrativamente suddiviso in 481 distretti: in ciascuno di essi vi è un rappresentante di Khamenei.
Fra i circa 32 mila infiltrati, 712 risultano «espulsi» (considerati cioè traditori e quindi eliminati), 272 risultano «trasferiti in altri organi dello stato», 43 sono in pensione, ma continuano a percepire lo stipendio, 712 sono «collaboratori» (paragonabili ai nostri cococo), 1.797 sono classificati come «dipendenti con una posizione non definita», evidentemente sono in attesa di trasferimento nelle sedi da potenziare o dove si determina un vuoto di organico, cinque figurano «malati».
Nell’elenco non figurano donne. In realtà, gli agenti infiltrati nella società irachena sono oltre 100 mila, ma solo per 32 mila è stata possibile l’identificazione dopo anni di ricerche e di verifiche di documenti e testimonianze.
 

L’ayatollah Abdolaziz al-Akim, leader assoluto dello Sciri, il consiglio supremo per la rivoluzione islamica in Iraq: lui e molti altri membri sono legatissimi a Teheran

LA FORZA SPECIALE
Da anni il regime iraniano ha costituito una forza militare speciale che si chiama Sepah Qods (Gerusalemme). Si tratta di un’organizzazione specializzata in azioni terroristiche, dalla quale dipende il Corpo militare Badr, collegata con i pasdaran, che fa riferimento direttamente alla guida suprema Khamenei. A questa struttura fanno capo gruppi armati di vari paesi (sauditi, algerini, egiziani, somali…) esperti in attacchi terroristici all’estero. Da qualche tempo però il Qods sembra concentrato sull’Iraq.
L’ex responsabile di questa forza speciale è l’ayatollah Mahmoud Hashemi Shahroudi, attuale capo del sistema giudiziario di Teheran. Il Qods rappresenta il braccio armato del Majles Alaye Sciri, il «Parlamento supremo islamico iracheno» (costituito in Iran durante la guerra con Saddam Hussein e poi trasferito in Iraq). Tutti i 32 mila agenti identificati fanno parte del Qods, a cominciare da ministri, viceministri, capi militari e alti funzionari dello stato.
Ecco qualche nome: abu-Zolfaghar al-Hassan, ex comandante del Corpo Badr, attualmente un alto funzionario del ministero dell’Interno; Hamed al-Ameri, comandante del Corpo Badr, presidente della commissione Sicurezza del parlamento; Abdolaziz al-Hakim, presidente Parlamento della rivoluzione islamica irachena; Baian Jir, ex ministro dell’Interno, attualmente delle Finanze; abu-Montazer, ex comandante del Corpo Badr, ora alto funzionario del ministero dell’Interno; abu-Anvar Kazemi, responsabile della mobilitazione del Majles Alaye; abu-Hashem al-Ahmadi, capo dell’ufficio di al-Hakim; Ahmad al-Jaberi, responsabile della sicurezza dell’ufficio di Hakim.
Del Qods fanno parte anche i generali dei pasdaran, membri del parlamento iracheno: Hadi Farhan Abdollah al-Ameri, presidente della commissione Difesa e sicurezza del parlamento; Jamai Jafaar Ali al-Ebrahimi, membro della commissione Società civile, condannato nel 1983 in Kuwait per terrorismo; Mohamad Hossien Saleh al-Hossein (abu-Ehsan), comandante della Guardia nazionale speciale; Jasser Hosseini (abu-Amar al-Emareh), viceministro della Difesa; Tahsin Abel Matar al-Abudi (abu-Montazer al-Hosseini), consigliere del ministro dell’Interno; Bashir Nasser Hamid Alvandi (abu-Karam Alvandi), del settore sicurezza del ministro dell’Interno; Mohammad Naameh Nasser al-Karam (abu-Zolfeghari al-Hasan), del reparto operativo del ministero dell’Interno.
La base per l’addestramento degli agenti e dei guerriglieri è a Qum, quella operativa a Ramazan (vicino al confine con l’Iraq). Con questa rete di infiltrati Teheran controlla buona parte del parlamento e del governo iracheni.

IL FINANZIAMENTO
Come viene retribuita questa gigantesca rete di agenti iraniani in Iraq? Il dossier documenta, in ogni dettaglio, i vari canali e strumenti utilizzati. Un tempo tutto avveniva attraverso le banche, con versamenti in dollari in conti numerati. Con l’occupazione angloamericana si è dovuto ricorrere al corrieri, con sistemi anche sofisticati e puntando sulla assoluta fedeltà dei militanti, che valicano i confini con valigie porta abiti normalmente utilizzate dai pellegrini.
Questi ultimi infatti, per accordi tra le autorità, non vengono normalmente perquisiti. In questo modo i soldi passano la frontiera per pagare gli stipendi senza lasciare alcuna traccia. Negli ultimi dieci anni si calcola che l’Iran abbia speso oltre 20 miliardi di dollari. Il governo di Teheran considera la questione irachena assolutamente prioritaria, persino rispetto alla politica nucleare che sta così tanto a cuore ad Ahmadinejad e a Khamenei.

LE ARMI
Come arrivano i rifornimenti di armi iraniane in Iraq? I metodi e i canali sono diversi. Tutti i comandi militari sono strettamente collegati con la forza speciale Qods. Le armi leggere vengono trasferite attraverso valichi poco controllati con auto irachene, guidate da autisti «iracheni»; in diversi valichi i doganieri chiudono entrambi gli occhi essendo sciiti filoiraniani. Non viene registrato nulla, quindi non si lascia alcuna traccia.
Le armi più pesanti vengono trasportate con camion attrezzati: come copertura delle casse di armi e ordigni vengono utilizzati mattoni e altri materiali da costruzione. Tutte le ordinazioni vengono trasmesse con codici particolari per evitare intercettazioni. Una buona parte delle armi leggere viene trasferita, così come per il denaro, attraverso le valigie dei pellegrini.
Un altro strumento utilizzato largamente dalla forza Qods è rappresentato dal Comitato per il restauro dei monumenti sciiti, che erano stati danneggiati dagli attentati terroristici. Questa copertura consente di muovere uomini, mezzi e risorse in grande quantità e continuità. Non a caso il responsabile di questo organismo è un generale collegato strettamente ai pasdaran e al Qods.
La sede di questo Comitato è a Karbala, mentre a Bassora e Nassiriya vi sono sedi operative molto importanti. Fra le armi vi è un tipo di bomba molto richiesto, prodotto in Iran. Si tratta dell’arma più pericolosa della guerra irachena: un micidiale ordigno perforante che viene posto sotto il manto stradale: un ordigno «che insegue l’obiettivo» e può colpire con effetti devastanti persino i carri armati. È stato utilizzato in numerosi attentati terroristici, quasi certamente anche a Nassiriya contro i soldati italiani. Ma sulla dinamica e le complicità iraniane in questa azione terroristica non vi sono conferme nel dossier.
La nuova strategia Bush sembra tener conto del dossier del Consiglio della resistenza. Anche il vicepresidente Dick Cheney ha dichiarato nei giorni scorsi che «dobbiamo mandare un segnale chiaro a Teheran», dopo avere scoperto che le milizie sciite fanno il gioco del regime iraniano e che il braccio armato (le Brigate Sadr e il Qds) dello Sciri esegue solo gli ordini che arrivano dai mullah.
Il dossier, ora rivelato da Panorama, indica segreti e meccanismi politici e militari della strategia dell’Iran, prima solo ipotizzati. Ora i documenti esistono e sono prove che indignano, ma soprattutto che fanno veramente riflettere sul ruolo destabilizzante del regime di Teheran.

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