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Iran: I dissidenti iraniani di Camp Ashraf, scaricati dagli Usa, uccisi dall’Iraq

di Daniele Zaccaria

ImageIl campo dei mujaheddin è stato brutalmente attaccato il 28 luglio dai militari di Baghdad: 11 morti

Liberazione, 22 agosto – Il 28 luglio scorso, nel nord dell'Iraq si è consumato un massacro silenzioso e quasi invisibile agli occhi dell'opinione pubblica internazionale: dodici morti, oltre cinquecento feriti, 55 sequestri di persona mascherati da arresti.
Stiamo parlando del brutale sgombero di "Camp Ashraf", una struttura che ospita circa 3500 dissidenti politici (un migliaio le donne), per lo più appartenenti al "Consiglio nazionale della resistenza iraniana" (Cnri), una formazione che da anni si batte contro il regime degli ayatollah e che Teheran ha messo in cima alla lista nera delle organizzazioni terroristiche.

Dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003, Ashraf era passato sotto la giurisdizione degli Stati Uniti, i quali, in cambio del disarmo dei mujaheddin presenti all'interno del Campo, hanno garantito la protezione dei residenti fino allo scorso 28 febbraio. In quella data la sicurezza è perٍ passata nelle mani del governo iracheno guidato dallo sciita al Maliki. Legato a doppio filo all'Iran del presidente Ahmadinejad e della Guida suprema Khamenei, Maliki ha cosى eseguito quanto chiesto dai suoi padrini di Teheran, dando l'autorizzazione allo sgombero forzato di Ashraf da parte dell'esercito.
In un agghiacciante serie di filmati che circolano da settimane sul sito web youtube , si puٍ osservare senza filtri la brutalità dell'assalto. Quasi tremila tra soldati e poliziotti di Baghdad supportati e consigliati da agenti scelti del regime iraniano, probabilmente dei pasdaran, (nei video alcuni uomini in tenuta militare parlano chiaramente in lingua farsi) sono penetrati dentro Ashraf con buldozer, mezzi blindati, granate lacrimogene, bombe assordanti, mazze di ferro, mannaie e armi da fuoco compiendo un autentico massacro. Gli abitanti del campo, armati per lo più di pietre, non hanno potuto far altro che subire passivamente la repressione annunciata.
Le immagini del raid sono sconsigliate alle anime sensibili: militari che picchiano selvaggiamente persone inermi, teste spaccate, uomini riversi in pozze di sangue, automobili che corrono all'impazzata tra le tende, donne che piangono. Una strage pianificata nei dettagli e salutata dal presidente del parlamento iraniano Larijani (in teoria una delle voci moderate del regime sciita), per il quale, perٍ, l'attacco è stato comunque sferrato «troppo tardi» (sic). Le forze Usa, posizionate qualche centinaio di metri più lontano, hanno assistito al massacro senza muovere un dito. Nonostante il semi-oscuramento mediatico dell'incursione e l'assordante silenzio della politica, diverse associazioni umanitarie, Amnesty international in primis, hanno denunciato la selvaggia aggressione di Ashraf.
Scaricati dagli americani sull'altare della realpolitik, i dissidenti di Ashraf ora temono il peggio, visto che la gran parte dei soldati iracheni è ancora oggi all'interno della struttura in attesa di nuovi ordini. Ma non rinunciano certo alla battaglia legale per la protezione del Campo: oltre a diverse manifestazioni e sit-in in varie città del mondo (da Washington a Parigi, passando per Londra e Sidney), chiedendo alla comunità internazionale l'immediato allontanamento dei soldati iracheni e che venga restituita protezione ai 3500 residenti.
Secondo l'International Humain Right Law Institute di Chicago, la protezione del Campo Ashraf deve essere immediatamente restituita agli Stati Uniti. Citando l'articolo 45 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati politici, i giuristi hanno scritto una lettera al Segretario alla Difesa statunitense Robert Gates chiedendo che la sicurezza ritorni nelle mani delle forze Usa in quanto l'esecutivo di Baghdad non solo non è in misura di proteggere gli esuli, ma è l'attore principale della loro repressione.

22/08/2009

 

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