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Iran: Giudici francesi respingono l’appello presentato da un agente dei mullah, deceduto, contro la Resistenza Iraniana

La Corte di Appello di Parigi respinge l’appello presentato da un agente dei mullah, deceduto, contro il proscioglimento dalle accuse dei reati finanziari contestati alla Resistenza Iraniana

•La Resistenza Iraniana chiede l’incriminazione, il processo e la condanna dei responsabili di questo enorme abuso della magistratura francese. Deve essere messa fine una volta per tutte a questi vergognosi accordi con i criminali al potere in Iran fatti a spese del popolo iraniano.

Finora questi sporchi accordi hanno solo distolto l’attenzione dal regime dei mullah quale epicentro dell’esportazione del fondamentalismo e del terrorismo, le cui catastrofiche conseguenze per la pace nella regione e nel mondo sono ben evidenti in Siria, Iraq, Yemen, Libano e persino in Europa.

•La Corte di Appello di Parigi ha respinto l’appello presentato contro la sentenza di archiviazione delle accuse per reati finanziari che ha posto fine alla persecuzione dei membri della Resistenza.

•I legali degli agenti del regime a Parigi hanno ammesso che alcuni individui da Tehran gli avevano ordinato di presentare questo appello

Con una sentenza emessa questa mattina, giovedì 5 Febbraio 2015, la Corte di Appello di Parigi, sezione investigativa, ha respinto l’appello presentato contro la sentenza di archiviazione per tutte le accuse di reati finanziari, che ha messo fine alla persecuzione dei membri e dei sostenitori della Resistenza Iraniana. L’udienza durante la quale è stata esaminata questa richiesta, si è svolta l’8 Gennaio. Già in precedenza il procuratore di Parigi aveva dichiarato la sua opposizione a questo appello ed aveva chiesto alla corte di respingerlo.

Il 16 Settembre 2014, il magistrato investigativo dell’anti-terrorismo, ha respinto tutte le accuse di reati finanziari contro i membri della Resistenza che erano scaturite da un accordo politico tra il governo francese di allora e il regime teocratico, emettendo una sentenza conclusiva che ha posto fine a tutto il procedimento su questo caso. Precedentemente, nel 2011, il magistrato investigativo aveva anche emesso una sentenza di archiviazione che aveva posto fine a tutte le accuse di reati di terrorismo e di finanziamento al terrorismo.

Dopo la sentenza di archiviazione il regime teocratico, vedendo i suoi 15 anni di investimenti in questo caso andare in malora, con un atto infame e vergognoso, ha presentato appello contro questa decisione a nome di una persona già deceduta. Questa persona, che nel 2003 si era dichiarata parte civile in questo caso su incoraggiamento del giudice Bruguiere, aveva approfittato di una somiglianza tra alcuni nomi per affermare che si era abusato del suo cognome.

La registrazione dell’appello a nome di questa persona, a Settembre 2014, è avvenuta nonostante l’Alta Corte britannica avesse confermato, a Settembre 2012, che quest’individuo era morto nel 2005 ed avesse autorizzato la suddivisione delle sue proprietà tra i suoi eredi.

Di fronte a questa prova incontestabile presentata dai legali della Resistenza Iraniana, l’avvocato francese dell’agente del regime, Paul Gélinas, che aveva registrato l’appello a nome di una persona già morta, nella sua lettera del 9 Dicembre 2014 indirizzata al procuratore, scriveva: “Dal 2005 non avevo avuto più nessuna notizia di Abdolrazaghi. Il pomeriggio di giovedì 25 Settembre 2014, un professore della facoltà di legge dell’Università di Tehran, il Dr. Noory, mi venne a trovare insieme a Morteza Zahraie, un avvocato di Tehran. Lo stesso giorno mi presentarono Dominique Inchauspé, avvocato penalista dell’ordine degli avvocati di Parigi. Nonostante la mia grande riluttanza, il giorno seguente, venerdì 26 Settembre, mi recai alla Corte di Appello di Parigi con l’avvocato Inchauspé per presentare la richiesta di appello. In quel momento nessuno mi informò del fatto che Abdolrazaghi potesse essere morto”.

William Bourdon, legale dei membri del Consiglio Nazionale della Resistenza, in una nota diretta al procuratore, ha sottolineato che presentare un appello a nome di una persona morta è inaccettabile ed ha ricordato che: “Oltre a questa inammissibilità, questo appello rientra perfettamente nel quadro delle manovre ordite in questo caso dalle autorità iraniane e dai suoi emissari, sin dal principio. Infatti queste manovre sono state oggetto di diverse note indirizzate al magistrato investigativo di allora. Numerosi testimoni che, apparentemente senza nessuna presentazione e con relativa spontaneità si erano presentati negli uffici della polizia, erano in realtà emissari del governo iraniano. Sappiamo anche che il procuratore di Parigi, ed altri organi amministrativi e statali, sono stati incessantemente avvicinati dal governo iraniano per cercare di influenzare questo processo. Perciò questa richiesta di appello dimostra nuovamente un altro tentativo di manipolazione e di abuso del sistema giudiziario francese da parte di un governo straniero”.

E continua concludendo: “Risulta anche estremamente preoccupante apprendere,avendo dimostrato ancora una volta che il regime iraniano tenta di sfruttare i procedimenti legali in Francia per scopi di propaganda e per screditare i suoi oppositori, ed immaginare come, verosimilmente attraverso una parte civile, sia stato dato pieno accesso ai documenti del caso, senza alcuna restrizione, al Ministero dell’Intelligence di questo regime”.

Con un altro atto vergognoso l’avvocato Inchauspé, che rappresenta gli agenti del regime teocratico, il giorno prima dell’apertura del tribunale, ha presentato una nuova richiesta di appello a nome delle sorelle del morto che si trovano in Iran, Jahan Abdolrazaghi di 82 anni e Moluk Abdolrazaghi, 71 anni, affermando che “l’utilizzo del loro cognome per molti anni e fino a oggi da parte di uno o più membri di un’organizzazione che per molto tempo è stata nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, ha causato loro un danno immediato, personale e diretto che ha reso ammissibile la loro dichiarazione come parte civile”.

E ciò nonostante il magistrato investigativo, come sostenuto da prove specifiche, avesse già respinto l’accusa di abuso del nome di quell’individuo. La presentazione di questo spregevole appello non è stato altro che un tentativo illusorio di abusare della magistratura francese e continuare a costruire un falso caso finanziario contro i membri della Resistenza Iraniana.

In risposta a questi tentativi l’avvocato Bernard Dartevelle ha scritto al procuratore Gélinas:

“Il tentativo di nascondere la sua conoscenza della morte del suo cliente non incanta nessuno, dato che:

lei stesso ha ammesso di non aver avuto nessun contatto con il suo cliente già mesi prima della sua morte.

Non nasconde che il suo cliente avesse due figli attraverso i quali la conferma della sua morte avrebbe potuto essere ottenuta senza alcuna difficoltà, visto che, a giudicare dai documenti che ha prodotto in tribunale, lei sembra avere una straordinaria possibilità di ottenere assistenza dalle autorità del governo iraniano.

Pretende di dichiarare le due sorelle del deceduto parti civili, il che significa, vogliamo sperare, che lei abbia avuto dei contatti con loro ed è ovvio che loro stesse avrebbero potuto informarla della morte del loro fratello.

“Mi sembra perciò che il voler portare avanti questo appello ed essere disposti a difenderlo…. siano iniziative che appaiono incompatibili con il normale esercizio della professione di avvocato”.

Dartevelle ha poi sottolineato: “Vorrei informarla che i miei clienti mi hanno chiesto di presentare querela contro un tentativo di frode nei riguardi del giudizio della corte”.

Perciò non vi è alcun dubbi di sorta che responsabile del caso del 17 Giugno 2003 contro la Resistenza Iraniana, sin dal principio e nella sua interezza, sia stato il fascismo religioso al potere in Iran il quale, in collusione con il governo francese di allora, mediante l’impiego dei suoi mercenari e manipolando la magistratura francese come uno strumento, ha cercato di distruggere la sua legittima opposizione e ha fatto di tutto per impedire la chiusura di questo caso.

La Resistenza Iraniana chiede l’incriminazione, il processo e la condanna degli autori di questo enorme abuso della magistratura francese e di porre fine a questa squallida pratica di fare accordi con i criminali di Tehran a spese del popolo iraniano. Per anni questi disgustosi accordi non hanno fatto altro che distogliere l’attenzione dal regime dei mullah quale principale epicentro dell’esportazione del fondamentalismo e del terrorismo nel mondo di oggi, le cui catastrofiche conseguenze per la pace e la sicurezza nella regione e nel mondo, sono ben evidenti in Siria, Iraq, Yemen, Libano e persino in Europa.

Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana

5 Febbraio 2015

 

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