lunedì, Ottobre 14, 2024
HomeNotizieIran NewsAnalisi della visita del ministro degli Esteri iraniano a Damasco durante la...

Analisi della visita del ministro degli Esteri iraniano a Damasco durante la rivolta in corso in Siria

syria bashar assad hossein amir abdollahian (1)

La recente visita del ministro degli Esteri del regime iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, a Damasco ha sollevato dubbi sul suo scopo, in particolare nel contesto della rivolta in corso in Siria contro il regime di Bashar al-Assad. Il viaggio, come riportato dall’agenzia statale di notizie Fars il 30 agosto, è stato presentato da Amir-Abdollahian come parte della “strategia dell’Iran per rafforzare le politiche regionali e di vicinato e accelerare l’attuazione degli accordi tra Iran e Siria”. La linea di spiegazione ufficiale del MAE ha indicato “l’impegno dell’Iran per la stabilità, la pace e la preservazione dell’integrità territoriale della Siria”.
Tuttavia, è essenziale considerare tali dichiarazioni delle autorità iraniane nel contesto della loro storia di politica estera, che ha una tradizione di inganno, estorsione e propaganda.
Il viaggio di Amir-Abdollahian in Siria segna la sua settima visita nel Paese da quando ha assunto la carica di ministro degli Esteri. Una sua dichiarazione personale sui social media fa luce sul vero scopo del suo viaggio. Alla fine di un suo post su X (ex Twitter), dice: “L’Iran evidenzia la necessità di stabilire stabilità e pace e di mantenere la sovranità e l’integrità territoriale”.

La rivolta siriana, iniziata nel marzo 2011, fu contrastata con brutale violenza da parte del regime di Assad. Tramite la Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Iraniana (Iranian Revolutionary Guard Corps – IRGC) il regime iraniano, fedele alleato del regime di Assad, ha svolto un ruolo attivo nel reprimere la rivolta siriana sin dal suo inizio. Ora, con la ripresa delle proteste nelle ultime settimane, Teheran collabora con Damasco per reprimere le voci dissenzienti. La visita di Amir-Abdollahian, come dice apertamente, è finalizzata a preservare la sovranità della Siria, il che, in pratica, si traduce nel sostegno al governo di Bashar al-Assad e nella repressione del popolo siriano.
Vale la pena notare che il coinvolgimento del regime iraniano in Siria va oltre il sostegno politico. Diversi rapporti indicano che, in occasione del devastante terremoto in Turchia e Siria del febbraio scorso, la Forza Quds dell’IRGC ha sfruttato la situazione inviando in Siria una quantità significativa di armi e munizioni con il pretesto di aiuti umanitari.
Inoltre, il regime teocratico sta convogliando ingenti somme di denaro in Siria, con stime che vanno dai 30 ai 50 miliardi di dollari, come rivelato da addetti ai lavori e da materiale riservato di proprietà del governo ottenuto dal gruppo “Ghiyam ta Sarnegouni” (“Rivolta fino al Rovesciamento”).
Questo massiccio impegno finanziario fa alzare le sopracciglia, soprattutto considerando le terribili condizioni economiche sopportate dalla popolazione iraniana, che è alle prese con gravi difficoltà.
Quindi, quale potrebbe essere la forza trainante che spinge il regime iraniano a stanziare questi ingenti fondi a favore della Siria? Sebbene abbondino le speculazioni, la motivazione principale sembra essere la propria preservazione. Il regime cerca costantemente di controllare i danni, spostando la sua attenzione dal dissenso interno alla tutela degli alleati strategici all’estero.
Mehdi Ta’eb, capo del consiglio strategico del “Quartier generale Ammar”, osservò candidamente nel febbraio 2013: “La Siria è la nostra trentacinquesima provincia e riveste per noi una grande importanza strategica. Se il nemico dovesse attaccarci e mirare a conquistare la Siria o il Khuzestan, la nostra priorità sarebbe quella di mantenere la Siria, poiché ciò ci consentirebbe di riconquistare il Khuzestan. Tuttavia, se perdiamo la Siria, potremmo non essere in grado di mantenere Teheran”.

Significativamente, l’agenzia di stampa Fars gestita dall’IRGC rimosse prontamente, poche ore dopo la loro pubblicazione, alcune dichiarazioni rilasciate nell’aprile 2014 dal comandante dell’IRGC Hossein Hamedani (che sarebbe stato ucciso in Siria l’anno dopo). Le sue parole dipingono un quadro rivelatore: “Oggi, stiamo combattendo in Siria per interessi come la Rivoluzione Islamica, e la nostra difesa si estende al livello di una difesa sacra [termine del regime per riferirsi alla guerra Iran-Iraq]… 42 gruppi e 128 battaglioni, comprendenti 70.000 giovani islamici di diverse sette, tra cui alawiti, sunniti e sciiti, sono stati mobilitati sotto la bandiera della mobilitazione nazionale e si sono presi carico della sicurezza delle città e delle province siriane… Oggi, 130.000 membri dei Basij, addestrati e preparati, sono in attesa di entrare in Siria”.
L’ex deputato dell’Assemblea Consultiva Islamica del regime Mahmoud Nabavian dichiarò nel febbraio 2014: “Abbiamo portato 150.000 siriani in Iran e abbiamo fornito loro addestramento militare, ne abbiamo addestrati altri 150.000 sul posto e abbiamo inviato lì 50.000 militi di Hezbollah”.
Inoltre, Javad Karimi Ghoddousi, un membro della Commissione per la Sicurezza Nazionale del “parlamento” del regime, ha rivelato nel novembre 2013 a Mashhad: “In Siria sono presenti centinaia di gruppi provenienti dall’Iran. Anche se si sente un comandante siriano parlare di vittorie dell’esercito siriano, dietro le quinte ci sono le forze iraniane”.
Al di là di questi interessi militari, il coinvolgimento dell’Iran in Siria ha altri scopi. La Siria è diventata una significativa fonte di reddito per le reti di trafficanti collegate alla Guardia Rivoluzionaria iraniana. In particolare, la Siria funge da canale per il traffico di stupefacenti. Inoltre, le miniere di fosfato in Siria rivestono un’importanza strategica per il programma nucleare del regime, in particolare per le iniziative di arricchimento dell’uranio. La Siria è uno dei pochi Paesi in grado di eludere le sanzioni internazionali e di facilitare molto il riciclaggio di denaro.
In ogni caso, tutto indica che la visita di Hossein Amir Abdollahian mira a reprimere le recenti rivolte siriane contro Bashar al-Assad. Di fronte alla crescita del malcontento interno, il regime iraniano conta sull’inazione internazionale mentre tenta di sedare i disordini sia in patria che in Siria. Il successo della lotta contro i regimi ora dipende dal coraggio delle popolazioni di entrambe le nazioni e dalla coscienza della comunità internazionale.

FOLLOW NCRI

70,088FansLike
1,632FollowersFollow
42,222FollowersFollow