sabato, Luglio 27, 2024
HomeNotizieIran NewsIran - Il discorso di Maryam Rajavi al grande raduno di Villepinte...

Iran – Il discorso di Maryam Rajavi al grande raduno di Villepinte (Paris) – Giugno 2013

Nel nome di Dio,

Nel nome dell’Iran e nel nome della libertà.

Nel nome degli eroi della libertà del popolo iraniano. Dai martiri del 20 Giugno 1981, Ashraf Rajavi e Moussa Khiabani, a quelli massacrati e giustiziati nel 1988, a Sedigheh Mojaveri e Neda Hassani. Da Neda Aqa-Soltan e Sattar Beheshti, ai 10 mojahed divenuti immortali il 9 Febbraio e il 15 Giugno a Liberty.

Saluto gli eroi della resistenza e della perseveranza, i combattenti per la libertà ad Ashraf e Liberty e i prigionieri politici in tutto l’Iran. E saluto il popolo valoroso che si sta preparando per la protesta e la lotta.

E per ultimi, ma non per questo meno importanti, voglio salutare i rappresentanti politici di oltre 50 nazioni, gli alti funzionari e i comandanti di Stati Uniti, Canada Australia, Europa, Asia, Paesi Arabi ed Africa che si sono ritrovati qui in solidarietà con il popolo iraniano. Li saluto tutti.

La farsa delle elezioni, conclusasi con la presentazione del nuovo presidente dei mullah, l’attacco missilistico e l’uccisione dei mojahedin (a Camp Liberty in Iraq), riflettono la fase del rovesciamento del regime. Questa mascherata non ha avuto neanche l’apparenza di una vera e libera elezione.

Gli otto candidati prescelti erano consiglieri, collaboratori o rappresentanti del Leader Supremo Ali Khamenei.

E queste elezioni si sono tenute in un clima di assoluta repressione: divieto di accesso ad internet, divieti imposti ai media e la mobilitazione di un milione di Guardie Rivoluzionarie e di agenti della sicurezza.

In ogni fase del loro percorso, queste cosiddette “elezioni” hanno rivelato l’impasse del regime: dalla estromissione sommaria dei candidati e il più ridicolo dibattito tra quelli rimanenti, alla frettolosa conclusione delle elezioni stesse. Di conseguenza vi prego, permettetemi di sottolineare alcune questioni chiave.

1.Tutto il regime nel suo complesso è uscito indebolito da queste elezioni ed ha fatto un altro passo verso il suo rovesciamento. Khamenei ha respinto Hashemi Rafsanjani ma così facendo, a causa dell’equilibrio interno del regime, non è riuscito ad orchestrare le elezioni in modo tale da assicurare la vittoria ad uno dei suoi candidati favoriti. Temendo l’esplosione delle proteste, ha assecondato l’elezione del mullah Hassan Rowhani.

Per paura che queste elezioni si trasformassero in cappio al collo del regime, Khamenei le ha concluse frettolosamente rinunciando all’idea di un ballottaggio. Altrimenti, le manifestazioni che si sono avute alla vigilia delle elezioni con slogan come “liberate tutti i prigionieri politici” si sarebbero rapidamente trasformate in enormi proteste.

2.Lanciando i missili a Camp Liberty e compiendo un massacro in contemporanea alle elezioni, il regime teocratico ha rivelato cos’è che percepisce come la principale minaccia per l’intero regime. E proprio per questa ragione, diverse ore prima di annunciare i risultati delle elezioni, Khamenei ha cercato di nascondere la sua sconfitta attaccando Liberty ed assassinando dei combattenti per la libertà, nel tentativo di mettere in guardia il popolo iraniano già pronto ad inscenare le proteste.

3.L’ascesa di Rowhani è il sotto-prodotto di una serie di sconfitte subite da tutto il regime, cioè: la sconfitta di Khamenei, la disintegrazione della fazione al potere, la sconfitta di Ahmadinejad, l’impasse della politica di contrazione e il fallimento e l’inettitudine dei cosiddetti “riformisti” all’interno del regime. Perciò, questa non è una scelta fatta per riformare il regime o salvarlo dalla caduta ma, piuttosto, è una scelta per la fase finale del regime dei mullah.

4.Fino a che questo regime rimarrà al potere, niente cambierà. L’unica soluzione è il rovesciamento del regime teocratico. Come ha detto il leader della Resistenza Iraniana Massoud Rajavi: “… la rottura dell’equilibrio interno di questo regime malvagio testimonia la debolezza e la situazione instabile del Leader Supremo. Ciò è un gradito sviluppo per il popolo iraniano poiché offre una opportunità di avanzamento della resistenza e della protesta.” Ciononostante, come ho detto dopo l’annuncio dei risultati, noi diciamo al nuovo presidente del regime: “Niente cambierà fintantoché la libertà di espressione e i diritti umani saranno inesistenti, fintantoché i prigionieri politici ed i partiti politici non saranno liberi, fintantoché la politica intransigente del regime in Siria e in Iraq rimarrà intatta e fintantoché il regime insisterà a voler ottenere le armi nucleari.”

E questo perché il Leader Supremo è ben consapevole che ogni reale cambiamento in queste politiche porterebbe al rovesciamento del regime nella sua interezza. Nonostante ciò noi diciamo: “Va’ avanti, questa è la tua occasione.”

5.Il nuovo presidente del regime teocratico, entrato in campo con lo slogan della moderazione, è un veterano e un funzionario della macchina da guerra, della sicurezza e della repressione del regime.

Tuttavia, noi diciamo a quei paesi occidentali e accondiscendenti che stanno cercando invano di dipingere un tale personaggio come un moderato: “Prego procedete. E se ci riuscite, obbligate il regime a ritirarsi dal suo programma nucleare, cioè: bevete il calice avvelenato. Se ci riuscite, obbligate i mullah a smettere di interferire in Siria, Iraq e Libano.”

Ma vi avverto: non dovrete sprecare nessuna opportunità. Dopo un decennio di colloqui inutili, non dovreste farvi abbindolare da qualcuno che si vanta di essere un esperto nell’ingannare gli occidentali. Non fatevi prendere in giro di nuovo. Voi dovete fermare il regime prima che la sua bomba atomica venga sganciata sulla popolazione mondiale.

6.Oltre alla confusione delle elezioni, il regime al potere ha dichiarato guerra al popolo della Siria per arrestare la sua caduta. Questa sporca guerra non serve a salvare Assad, ma a salvare Khamenei a Tehran. Per questo il regime deve diffondere il fondamentalismo ed il terrorismo dall’Afghanistan all’Iraq, dal Bahrein allo Yemen, per salvare sé stesso.

La coscienza mondiale è stanca di vedere che le nazioni occidentali rimangono in disparte a guardare mentre 100.000 donne, uomini e bambini in Siria vengono massacrati. È arrivato il momento che voi smettiate di tollerare le Guardie Rivoluzionarie e la Forza Quds  a La-Zeqiyeh, Tartous e Beirut e che mettiate fine alla loro presenza.

Perciò, voglio avvertire tutti coloro che hanno potere decisionale in Medio Oriente, Europa e Stati Uniti, nonché tutti i paesi della regione, compresi i vicini dell’Iran e obbiettivi primari del regime, che il momento finale è arrivato. E se non vogliono assistere al diffondersi della guerra e ad altri spargimenti di sangue nella regione, non c’è altra opzione che rovesciare questo regime.

7.Una decennale esperienza ha dimostrato che assecondare il regime del velayat-e faqih vuol dire percorrere un cammino fallimentare. È stata questa politica distruttiva che ha portato a disarmare e mettere sotto assedio i Mojahedin del Popolo, trasferendo la responsabilità della sicurezza di Campo Ashraf agli iracheni, ritardando in questo modo il rovesciamento dei mullah.

Il cammino verso la libertà è in realtà la terza opzione, vale a dire: né accondiscendenza, né guerra, ma il rovesciamento della teocrazia al potere per mano del popolo e della resistenza iraniana. Questa opzione arriverà a compimento attraverso le forze combattenti anti-regime, le cellule della resistenza in Iran e le forze della rivoluzione democratica del popolo iraniano.

Cari Compatrioti,

attaccando Camp Liberty la scorsa settimana, proprio nel giorno dell’annuncio dei risultati delle elezioni-farsa causando il martirio di due mojahed, Kolthum Serahati e Javad Naqashan, il regime ha cercato di mantenere il suo fragile equilibrio nei confronti della principale forza di resistenza.

Oggi, io voglio chiedere alla comunità mondiale, in particolare alle Nazioni Unite e al Governo U.S.A., perché non hanno agito per impedire questo crimine?

Questo massacro era abbastanza prevedibile e poteva essere evitato.

Il primo attacco missilistico del regime alla prigione di Liberty il 9 Febbraio, che ha ucciso otto residenti, ha reso tangibilmente chiaro che Liberty non è assolutamente sicuro. Tutti si sono resi conto che lo sfratto forzoso dei residenti di Ashraf, facilitato dalle tattiche ingannevoli del Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite in Iraq, era in realtà un trasferimento verso un campo di sterminio.

In quel momento, l’aspettativa naturale era che l’ONU e gli U.S.A.  avrebbero risolto velocemente la questione della sicurezza, poiché si erano impegnati a garantire la protezione dei Mojahedin a Liberty. E ancor più perché gli agenti di Khamenei avevano minacciato pubblicamente un nuovo attacco e il governo iracheno aveva dichiarato esplicitamente che non era in grado di garantire la sicurezza a Liberty.

Inoltre, anche l’ambasciata americana a Baghdad aveva previsto che l’attacco si sarebbe ripetuto.

Quindi tutti sapevano che un altro attacco era in arrivo. Ma nessuno ha preso la benché minima misura di sicurezza necessaria.

Nei successivi quattro mesi, la Resistenza Iraniana ha avvertito le autorità competenti centinaia di volte.

Io personalmente ho ripetutamente scritto al Presidente Obama, al Segretario Generale delle Nazioni Unite, all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, al Segretario di Stato e ad altri funzionari americani, appellandomi a loro per impedire il prossimo massacro.

Abbiamo scritto che i residenti di Liberty sono vulnerabili a qualunque attaco. Abbiamo detto che non ci sono ripari a Liberty quindi: che si permetta ai residenti di portare all’interno di Liberty i muri a T di protezione attualmente fuori dal campo e di trasferire da Ashraf il loro equipaggiamento protettivo personale, come elmetti e giubbotti anti-proiettile, e gli si conceda di ritornare alla relativa sicurezza di Ashraf da dove potranno essere risistemati in altri paesi.

Ma la verità è che in questo periodo l’UNAMI avrebbe potuto facilmente portare l’equipaggiamento di protezione per i residenti. L’ambasciata U.S.A. avrebbe potuto facilmente garantire il trasferimento dei muri a T all’interno di Liberty.

Il Segretario Generale dell’ONU ed il Governo U.S.A. avrebbero potuto preparare la strada per il ritorno dei residenti da Liberty ad Ashraf.

Ma nei quattro mesi dopo l’attacco, sono rimasti in disparte e non hanno fatto nulla.

Invece, il Rappresentante Speciale dell’ONU per l’Iraq, Martin Kobler, ha giustificato il governo iracheno che ha trasformato Liberty in una prigione e, attraverso una vasta campagna di demonizzazione ed inventando falsi rapporti, ha gettato la colpa direttamente sugli stessi residenti.

Ha anche incolpato la Resistenza Iraniana per il fallimento del processo di risistemazione nei paesi terzi. Ha continuato a ripetere queste sciocchezze nel tentativo di oscurare la questione della mancanza di sicurezza di Liberty.

È ora che a tutti loro venga chiesto conto del sangue versato e delle vite perse. Ignorare un crimine prevedibile non è più semplicemente accondiscendenza, codardia o passività. È complicità in attività criminali e quei complici devono essere perseguiti.

È deplorevole davvero che l’ONU e gli U.S.A. insistano ancora a che migliaia di residenti rimangano sotto lo sbarramento dei missili del regime, basandosi su vuote promesse e un graduale trasferimento in paesi terzi, senza sapere quanto tempo ci vorrà.

Negli ultimi tre anni abbiamo bussato ad ogni porta per risistemare i residenti di Ashraf in altri paesi. Abbiamo bussato a tutte le porte. Abbiamo detto tantissime volte che avremmo pagato tutte le spese. Ma 16 mesi dopo il trasferimento da Ashraf a Liberty, solo poche decine di residenti sono stati trasferiti in Albania grazie ai nostri sforzi, a nostre spese e sopportanto grandi pressioni. Otto sono andati altrove. E questo nonostante 210 avrebbero dovuto essere trasferiti in Albania alla fine di Aprile.

Perciò, dato che non siete in grado di implementare questo piano di trasferimento, non avete il diritto di pagare questo fallimento con il sangue dei figli del popolo iraniano.

Aprite le porte di Liberty e lasciate che i Mojahedin ritornino ad Ashraf ora. Sì ora, proprio ora!

Il regime del velayat-e faqih vede la sua stessa sopravvivenza legata alla distruzione dei Mojahedin. Questa dinamica ha fatto di Ashraf e Liberty i punti focali della lotta contro questo disumano regime teocratico.

E ho detto molte volte che il regime teocratico non vuole veramente che i Mojahedin lascino Ashraf o l’Iraq. L’obbiettivo del regime è eliminare fisicamente i Mojahedin o costringerli ad arrendersi. Non c’è una terza opzione.

Esattamente per questa ragione il regime iraniano è il principale ostacolo alla protezione dei residenti di Liberty o al loro ritorno a Campo Ashraf.

In realtà, era pronto un piano ben progettato e congegnato per smantellare i Mojahedin. Era stato proposto dal Rappresentante Speciale dell’ONU in Iraq in collaborazione con il regime dei mullah e andava dallo sfratto forzoso alla trasformazione di Liberty in una prigione.

Ma quando si sono tutti scontrati con la perseveranza dei Mojahedin, è stato necessario per loro  attaccarli e ad ucciderli.

Ma ancora, nonostante tutte le pressioni, la fermezza dei Mojahedin e le campagne portate avanti dai sostenitori della resistenza hanno dato i loro frutti, hanno estromesso Martin  Kobler, alleato di Maliki e Khamenei, e alla fine voi avete prevalso.

Ora, la persona che aveva il compito di smantellare i Mojahedin è stata denunciata e licenziata.

Perciò diciamo ai nostri simili di imparare da questa esperienza. Voi siete alla fine di un percorso iniziato con Khomeini. Khomeini ha fallito la sua malvagia missione di distruggere i Mojahedin. Allo stesso modo, Khamenei e i suoi complici non otterranno altro che fallimento e vergogna.

In opposizione alla bestia della repressione e del crimine, i cui obbiettivi spaziano dai villaggi e le città dell’Iran, a Damasco, a Baghdad, un risoluto movimento di resistenza è fortunatamente uscito a testa alta e simboleggia la dignità, la credibilità e la ragion d’essere dell’Iran e degli iraniani.

È un movimento composto dai più illuminati ed altruisti figli del popolo iraniano, i quali sono fulcro di speranza e garanzia di libertà.

Ma chi ha posto le basi per questo strategico tesoro, come e seguendo quale cammino lo ha portato a compimento?

Khomeini ha sequestrato la rivoluzione iraniana, ha pervertito la cultura iraniana ed i valori della lotta usando una mentalità reazionaria e demagogica. Ha soggiogato la nostra nazione con la repressione, la guerra e l’arretratezza.

Ma chi in quell’occasione sfidò Khomeini, creando il mantra di una rivoluzione democratica in Iran, in totale contrasto con la “Rivoluzione Islamica” di Khomeini?

Chi ha affrontato l’aggressione distruttiva di Khomeini innalzando la bandiera di una resistenza senza compromessi?

Chi è che ha fatto chiarezza nella confusa atmosfera politica ed ha detto decisamente che lo slogan principale della rivoluzione iraniana è “libertà” e che la principale minaccia ad essa è la dittatura reazionaria e religiosa?

Chi ha detto che la vipera del regime non avrebbe mai dato alla luce una colomba di riforme e moderazione, cosa che è stata dimostrata nei 30 anni passati?

Ora io chiedo a voi, chi è questa persona?

È proprio lui, Massoud Rajavi, il leader della Resistenza Iraniana.

È Massoud e la sua via che hanno ispirato la speranza ai Mojahedin prigionieri, che hanno inneggiato e inneggeranno alla resistenza sotto tortura.

Coloro che sono stati giustiziati e massacrati hanno gridato il suo nome e la sua via.

E ciò che disse tre decenni orsono, risuona ancora oggi: “Sono stato frustato migliaia di volte. Mi hanno messo un cappio attorno al collo migliaia di volte. Io rappresento una generazione di infiniti  eroi e sono arrivato a sacrificare me stesso per la libertà della mia nazione in catene.”

Davvero le sue parole annunziano l’emancipazione di coloro che anelano alla libertà. E i nemici della libertà vedono le sue parole come peccaminose e criminali.

È stato Massoud Rajavi che ha fondato il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana e l’Esercito di Liberazione Nazionale dell’Iran ed ha guidato la resistenza organizzata del popolo iraniano attraverso uno tsunami di bombardamenti, attacchi e accerchiamenti.

Proprio per questa ragione, come nel caso di tutte le altre amare esperienze della storia, le mani del nemico e i pugnali velenosi del tradimento sono occupati a distruggere il personaggio e ad  eliminarlo fisicamente.

Negli Stati Uniti, Abramo Lincoln fu chiamato dittatore e incompetente perché aveva firmato la dichiarazione contro la schiavitù.

Durante la campagna per la nazionalizzazione del petrolio, il grande Dr. Mossadeq fu attaccato e definito demagogo, egoista ed egocentrico.

E oggi, stiamo assistendo al coro di Khamenei, Maliki, Kobler e dei loro funzionari che in sincrono perseguono gli stessi malvagi scopi.

Per la cronaca, permettetemi di fare luce sulla portata di questo piano. Lo scorso Luglio, dopo aver interrotto i miei incontri con Martin Kobler, un gruppo illustre di eminenti politici statunitensi ed europei, presenti qui, sono intervenuti ed io ho accettato di incontrarlo. Durante questo meeting, malgrado la sua connivenza e i suoi sotterfugi per approntare la scena per il trasferimento coatto dei Mojahedin da Ashraf a Liberty,  Kobler insisteva per avere alcune informazioni su Massoud Rajavi, avendo in precedenza incontrato e avuto discussioni dettagliate con i funzionari dell’intelligence dei mullah. Io ho protestato energicamente, ma lui ha insistito a fare domande sulla questione in una maniera estremamente sospetta e, fingendo di assumere un atteggiamento compassionevole, mi ha persino detto che lui era unicamente interessato a proteggere Massoud Rajavi durante il processo di trasferimento. Questa insistenza ha indispettivo tutte le personalità presenti al meeting ed alcuni gli hanno chiesto i motivi di queste domande sospette.

In parallelo ai tentativi di Kobler di monitoraggio e controllo, gli agenti del regime iraniano tra i funzionari militari e gli agenti in borghese di Maliki, con la supervisione dei colleghi di Kobler, hanno iniziato a fotografare i Mojahedin durante le perquisizioni prima del trasferimento da Ashraf a Liberty degli ultimi convogli rimasti. Quando i Mojahedin hanno protestato, Kobler li ha invitati alla prudenza e al silenzio, invece di impedire questo atto di spionaggio.

Ovviamente, tutti sanno cosa c’era e cosa c’è dietro questi piani.

Con le parole del grande poeta iraniano Ahmad Shamlou:

“Quello che bussa alla porta di notte

E’ venuto per spegnere la luce,

I macellai

Stanno pronti ai crocevia,

Con in mano i machete sporchi di sangue.”

Ma io devo dire che, nonostante tutti i complotti e i tradimenti, la generazione cui appartiene Massoud Rajavi avrà l’ultima parola. La stessa generazione di infiniti eroi che grida queste parole: “Nella terra desolata della tirannia e della repressione, noi rappresentiamo l’amore per una libertà che racchiude l’essenza dell’umanità. In mezzo all’oscurità, alle bugie e all’ostilità, noi rappresentiamo il sacrificio e la sincerità che preparano la via che verrà. E nell’oscurità e nelle tenebre prodotte dal governo teocratico assolutista, noi incarniamo la risoluzione vincente che ispira e da origine all’esercito di liberazione che rovescerà il regime.”

Nel campo politico e delle questioni pubbliche, stiamo assistendo alla vendetta diretta verso Massoud Rajavi e i suoi combattenti.

Ci chiedono, perché insistono a voler rovesciare la teocrazia al potere e perché non sono pronti a sciogliere l’organizzazione dei Mojahedin?

In poche parole si lamentano perché noi combattiamo e resistiamo.

Dicono, poiché la resistenza non si è disintegrata, poiché i suoi membri non si sono arresi e si rifiutano di abbandonare i loro ideali, la colpa è loro.

Davvero, questa è esattamente la logica degli aguzzini che dicono che i prigionieri torturati devono solo incolpare loro stessi perché, se non avessoro opposto resistenza, non sarebbero stati torturati. Se si fossero piegati e avessero collaborato con gli aguzzini, non sarebbero stati giustiziati.

Secondo questa logica, tutti i pionieri della storia devono incolpare sé stessi per le loro sofferenze, per non avere una casa o per la loro morte.

Secondo questo presupposto, Gesù Cristo avrebbe dovuto incolpare sé stesso per essere stato crocifisso, perché disse ai suoi discepoli di non aver paura della morte e che dovevano prendere la loro croce e seguirlo.

Ed il nostro leader, l’Imam Hussein, è da incolpare per il suo stesso martirio e quello dei suoi sostenitori nell’Ashura, perché ha combattuto contro l’oppressione.

In questo caso, siamo orgogliosi di aver commesso i reati e i crimini dei quali ci accusate.

Siamo fieri di queste accuse e del dolore e delle sofferenze, che sono i nostri soli beni ed un segno della nostra resistenza e della nostra sfida. Noi non rinunceremo alla nostra lotta per la libertà. Questo è il segreto della nostra resistenza.

35 anni di governo dei mullah hanno portato ad uccisioni, devastazione, impoverimento, tossicodipendenza, prezzi alti e disoccupazione.

Che siate maledetti voi e il vostro regime che costringete cinque milioni di iraniani ad andare a dormire affamati ogni notte!

Che siate dannati perché la vendita di organi in Iran è la più alta che in qualunque altro paese!

E che siate maledetti perché avete riempito le strade di Tehran di lavoratori-bambini, di tante donne che vagabondano nelle strade e di tanti giovani drogati.

Ma, di fronte a tutta questa tristezza e a questo dolore, possiamo solo rafforzare centinaia di volte la nostra determinazione a realizzare la libertà e la felicità del popolo iraniano.

“Oh beata libertà

Come posso salutarti

Nel giorno del tuo ritorno?

Il sangue che scorre

Accoglie i tuoi passi

Come un bouquet di rose rosse”

L’anno scorso, proprio in questa sala, una dei nostri compiti più urgenti era far rimuovere i Mojahedin dalla lista terroristica.

La sentenza della Corte di Appello Federale del Distretto di Columbia, la vostra lotta, le campagne e gli sforzi degli amici della resistenza alla ricerca della giustizia negli Stati Uniti e in Europa, nonché la perseveranza dei combattenti per la libertà ad Ashraf e Liberty, alla fine hanno portato alla rimozione dalla lista.

Il nostro obbiettivo con l’ottenimento della revoca di questa denominazione, era quello di rimuovere il maggiore ostacolo sul cammino verso il cambiamento in Iran. Ora, dopo questa vittoria, è tempo di espandere questa lotta dappertutto per rovesciare il regime del velayat-e faqih.

Naturalmente, il rovesciamento di questo regime non avverrà da sé. C’è bisogno di un movimento di resistenza con una organizzazione unita e coesa, di membri pronti al sacrificio, dell sostegno popolare, di indipendenza finanziaria, della vasta presenza delle donne in tutti i campi e di una alternativa democratica con progetti e obbiettivi chiari.

Perciò, permettetemi di ricordare il “Piano in dieci punti” articolato dal movimento di resistenza. Il sangue dei martiri, la sofferenza dei prigionieri e gli sforzi dei combattenti per la libertà conferiscono credibilità a questo piano.

1. A nostro avviso, le urne sono il solo criterio di legittimità. Di conseguenza, vogliamo una repubblica basata sul suffragio universale.

2. Vogliamo un sistema pluralistico, con libertà di assemblea e per i partiti. Noi rispettiamo tutte le libertà individuali. Sottolineiamo la completa libertà di espressione e dei mezzi di comunicazione e l’accesso incondizionato ad internet da parte di tutti.

3. Noi sosteniamo e ci impegnamo per l’abolizione della pena di morte.

4. Ci impegnamo a realizzare la separazione tra Stato e Religione. Qualunque forma di discriminazione nei confronti dei seguaci di qualunque religione o denominazione sarà proibita.

5. Noi crediamo nella totale uguaglianza tra i sessi in campo politico, sociale ed economico. Ci impegnamo anche ad assicurare uguale partecipazione delle donne alla leadership politica. Qualunque forma di discriminazione nei confronti delle donne sarà abolita. Esse godranno del diritto di scegliere liberamente il loro abbigliamento. Saranno libere in quanto al matrimonio, al divorzio, all’istruzione e all’impiego.

6. Noi crediamo nel governo della legge e della giustizia. Noi vogliamo creare un sistema giuridico moderno basato sui principi della presunzione di innocenza, del diritto alla difesa, dell’effettività della tutela giurisdizionale e del diritto ad essere processati in un tribunale pubblico. Vogliamo inoltre, la totale indipendenza dei giudici. La legge della Sharia dei mullah verrà abolita.

7. Noi rispettiamo l’uguaglianza di tutte le nazionalità. Sottolineiamo il piano per l’autonomia del Kurdistan iraniano adottato dal Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana. Le lingue e le culture dei nostri compatrioti di qualunque nazionalità, fanno parte delle risorse umane della nostra nazione e dovranno essere diffuse e promulgate nell’Iran del domani.

8. Noi riconosciamo la proprietà privata, gli investimenti privati e l’economia di mercato. Tutto il popolo iraniano deve godere di uguali opportunità di impiego e di iniziativa imprenditoriale.

9. La nostra politica estera sarà basata sulla coesistenza pacifica, sulla pace e la collaborazione regionale ed internazionale, così come sul rispetto della Carta delle Nazioni Unite.

10. Noi vogliamo un Iran non-nuclearizzato e libero dalle armi di distruzione di massa.

Noi non stiamo dicendo che i mullah se ne devono andare così noi li potremo sostituire.

Stiamo dicendo che il voto, la scelta e l’opinione del popolo iraniano devono avere la sovranità.

Siamo arrivati a sacrificare noi stessi per la libertà di scelta del popolo iraniano.

Questa scelta sarà foriera di fiducia, di libertà e di giustizia in Iran. E così sarà.

Sostenitori della resistenza,

voi chiedete qual’è la nostra politica e che cammino ci aspetta?

La risposta è: portare avanti la lotta in tutte le sue forme, dovunque ed in piena potenza.

Voi chiedete qual’è il nostro obbiettivo.

La risposta è: ristabilire la libertà, la democrazia e l’uguaglianza in questo Iran incatenato.

Se questa lotta dovrà affrontare difficoltà e avversità, se la strada sarà lunga e tortuosa, così sia. Noi non abbiamo paura perché siamo cresciuti per sacrificare tutto il nostro essere e la nostra esistenza alla causa della libertà del popolo iraniano.

Perciò, dobbiamo sollevarci contando sulla forza della saggezza per sconfiggere la bestia dell’oppressione. E noi combatteremo, fino a che non sradicheremo il drago e non disegneremo un nuovo progetto.

Viva la Libertà!

Viva il popolo iraniano!

Viva i Mojahedin ad Ashraf e Liberty!

Viva tutti voi!

 

FOLLOW NCRI

70,088FansLike
1,632FollowersFollow
42,222FollowersFollow