giovedì, Marzo 28, 2024
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Iran: Hassan Rouhani e le violazioni dei diritti umani

Fonte: AugustaFreePress.com

Hassan Rouhani, spesso definito “moderato” da alcuni esperti in Occidente, è stato sempre un esponente di alto livello del regime iraniano. Negli ultimi tre decenni ha fatto parte dell’intelligence, dell’apparato militare e della sicurezza nazionale. Ciò significa che è stato coinvolto, o ha appoggiato, le politiche fondamentali di Tehran, come la repressione dell’opposizione iraniana e la corsa alle armi nucleari del regime.

 

Il passato politico di Rouhani la dice lunga sulle sue reali intenzioni. E’ stato il rappresentante di Khamenei al Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale (SNSC) per 16 anni (1989-2005). E’ stato anche Consigliere per la Sicurezza Nazionale dei presidenti iraniani per 13 anni (1989-1997 e 2000-2005). Tra i suoi incarichi vi sono: vice-comandante in capo delle forze armate del regime (1987-1988) e membro del Consiglio Supremo di Difesa del regime (1982-1988). Prima di diventare presidente, è stato il capo dei negoziatori sul nucleare di Tehran dal 2003 al 2005.

Ma, il vero potere in Iran è nelle mani del leader supremo, Ali Khamenei. L’ex-presidente Mohammad Khatami una volta ha definito il presidente in Iran nient’altro che “un esecutore” dei desideri di Khamenei. In linea con la costituzione del regime, Khamenei definisce le politiche principali del regime, dalla nomina del Comandante in Capo delle Forze Armate, ai membri del Consiglio dei Guardiani, al Capo della Magistratura, al capo della TV e della Radio di Stato, ai Capi di Stato Maggiore, al Comandante del Corpo di repressione delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), agli alti comandanti dell’Esercito e delle agenzie per la sicurezza.

Sia Rouhani che il suo predecessore, Mahmoud Ahmadinejad, hanno ammesso pubblicamente che tutte le decisioni finali riguardo al programma nucleare, verranno prese da Khamenei. E questo perché la sopravvivenza del regime si basa sulla posizione di Khamenei ed il potere assoluto dei religiosi (il principio del “Velayat-e-faqih”). La minima deviazione da questo principio fondamentale, porterà inevitabilmente alla caduta del regime. Per questa ragione il regime è intrinsecamente incapace di vere riforme. Non solo si rifiuterà di apportare delle riforme, ma il regime farà di tutto e di più per continuare sulla via del terrorismo, della repressione e delle armi nucleari.

Questa estate ricorrerà il 26° anniversario del massacro, avvenuto nel 1988, di oltre 30.000 prigionieri politici in Iran. La stragrande maggioranza delle vittime erano attivisti politici affiliati al principale movimento di opposizione, l’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (PMOI/MEK). Avevano protestato contro il potere religioso assoluto ed avevano chiesto un Iran democratico che rispettasse, non violasse, i diritti umani.

Molte delle vittime avevano anche finito di scontare le loro pene detentive. Ma i tribunali fasulli del regime li condannarono a morte con dei processi-farsa che durarono solo pochi minuti.

Quando il predecessore di Khamenei, Khomeini, vide che il suo regime iniziava a crollare dopo la guerra Iran-Iraq, iniziò a distruggere sistematicamente l’unica opposizione in grado di portare a termine il lavoro. Emise della fatwa (decreti religiosi) per massacrare chiunque non si fosse pentito e non fosse disposto a collaborare pienamente con il regime. I loro cadaveri vennero sepolti clandestinamente in fosse comuni sparse in tutte le maggiori città, in particolare a Tehran.

Khomeini aveva ordinato nella fatwa scritta di proprio pugno: “Chiunque, a qualunque livello, continui ad appartenere al MEK deve essere giustiziato. Distruggete i nemici dell’Islam immediatamente”.

Incaricò una “Commissione della Morte” composta da tre membri, di portare a termine le esecuzioni in pochi mesi. Uno dei membri di questo comitato responsabile di migliaia di morti ingiuste, Mostafa Pourmohammadi, è stato nominato dal “moderato” Rouhani, ministro della “giustizia”.

L’ironia non potrebbe essere più grande.

Nel 1988, i killers del regime facevano una sola domanda ai prigionieri politici: “Difendi ancora gli ideali del MEK? Quelli che dicevano “sì”, invece di usare il termine dispregiativo “Monafeqin” (ipocriti) per riferirsi al MEK, venivano mandati direttamente al patibolo.

Le vergognose violazioni dei diritti umani del regime iraniano non sono nuove. La violazione dei diritti fa parte del DNA di un regime nato dal puro autoritarismo. Ma, la situazione è peggiorata con  la nuova amministrazione “moderata” in Iran. Da quando Rouhani ha assunto la sua carica, ci sono state circa 800 esecuzioni. La vittima più recente, giustiziata domenica 1° Giugno, è Gholamreza Khosravi, un prigioniero politico, incarcerato e torturato per un totale di 12 anni. Il suo crimine ufficiale era quello di aver dato contributi finanziari al canale satellitare TV del MEK. Persino in prigione, Khosravi si era opposto alla tirannia del regime ed era stato uno dei leaders di una rivolta nella sezione 350 della prigione di Evin avvenuta ad Aprile. L’esecuzione di Khosravi ha suscitato un travolgente coro di critiche a livello internazionale. Sia Amnesty International e che il Commissariato dell’ONU per i Diritti Umani hanno rilasciato delle dichiarazioni che condannavano questa impiccagione.

Questa esecuzione portava tutti i segni distintivi di un regime in declino e di una popolazione non disposta a rinunciare alla lotta contro di esso. Proprio come i religiosi al potere cercarono di impedire la loro caduta negli anni ’80, dopo aver subito la sconfitta sul fronte di guerra, anche ora, stanno facendo di tutto per schiacciare qualunque forma di opposizione mentre vengono sconfitti in ambito economico e internazionale. Ora si deve chiedere a tutti quelli che hanno agito in suo favore e difeso il regime, ma anche a quelli che hanno chiuso gli occhi di fronte alle vergognose violazioni dei diritti umani di Tehran: “Cosa farete quando i negoziati sul nucleare falliranno? Sceglierete la guerra come prossima opzione? O finalmente vi toglierete i vostri occhiali rosa, vedrete il regime e le sue false pretese di moderazione per ciò che realmente sono e smetterete di stringere le sue mani sporche di sangue?

La domanda è semplice ma la scelta è vostra.

Il Dr. Khalil Khani è Presidente della Comunità Irano-Americana dell’Arizona, che fa parte dell’Organizzazione delle Comunità Irano-Americane (OIAC)

 

 

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