giovedì, Marzo 28, 2024
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I ribelli iracheni appartengono all’ISIS, al partito Baath o ai clan?

Fonte: Al Arabya News – By Abdulrahman al-Rashed, Direttore Generale del Canale “Al-Arabiya News”

Nel 2012, sorsero per la prima volta delle controversie riguardo allo Stato Islamico dell’Iraq e Siria (ISIS) e il Fronte al-Nusra. Alcuni negavano la loro presenza, mentre la maggior parte delle persone pensavano che i due gruppi non avessero niente a che fare con l’organizzazione terroristica di al-Qaeda e che facessero parte dei partiti nazionali siriani ma con un tocco islamico.

 

Alcuni erano sospettosi verso questi gruppi e ritenevano che lavorassero al fianco del regime siriano che in precedenza aveva fondato questi gruppi in Iraq e Libano. La controversia è durata un anno e mezzo prima che si scoprisse che questi gruppi erano realmente di al-Qaeda e che erano serviti policamente al regime siriano per intimidire le minoranze siriane, provocare l’ostilità delle potenze internazionali e combattere l’Esercito Libero Siriano in ogni zona della Siria che avevano liberato. Al-Qaeda lo aveva già fatto con il governo di Zarqawi in Iraq confondendo la sua causa tra quelle dei poteri nazionali.

Il Mufti sunnita in Iraq ha fatto una mossa progressista quando ha chiaramente definito l’ISIS un gruppo terrorista ed ha scagionato i membri del partito Baath, le figure dei veterani militari e i membri tribali. La verità è che non ci sono né il partito Baath né i suoi membri dalla guerra contro il Kuwait. Questi sono ora dei vecchi termini che rappresentano solamente un gruppo di iracheni sunniti arrabbiati.

Il Generale Petraeus era al corrente di questa verità quando si rese conto che categorizzare i sunniti non era più una cosa coretta da fare, dato che la situazione politica era cambiata. Ecco perché Petraeus cambiò la sua politica e collaborò con i clan di Anbar. Alla fine divenne loro alleato e combatté al-Qaeda e convinse anche molti membri dell’opposizione sunnita a ritornare a Baghdad.

Gli scontri di Anbar

La crisi attuale è iniziata con le pacifiche proteste di Anbar a Dicembre 2013, a ridosso delle elezioni parlamentari. I dimostranti dissero allora di avere 17 richiese, la maggior parte delle quali erano relative al rilascio di detenuti e alla sospensione delle esecuzioni. Molti, come i leader sciiti Muqtada al-Sadr ed Ammar al-Hakeem, compresero queste richieste. Ma invece di negoziare con loro, o ignorarli, il Primo Ministro Nouri al-Maliki, ben noto per la sua stupidità, è andato a scuotere l’alveare.

Ha inviato le sue forze ad arrestare Ahmad al-Alwani, un membro eletto del parlamento proveniente da un clan illustre, e ad uccidere il fratello. Questa è stata una chiara violazione della costituzione e delle leggi. Alwani è ancora prigioniero mentre ad Anbar la situazione si voltata al peggio.

E l’ISIS e al-Qaeda? La verità è che queste due organizzazioni sono presenti nella provincia perché vi si sono nascoste da quando le tribù sunnite le hanno sopraffatte.

La loro storia costituisce un importante capitolo della storia della guerra precedente, quando  Abdel-Sattar Abu Risha, stabilì un’alleanza tra le tribù arabe sunnite e l’Anbar Salvation Council. In un solo anno, sconfisse l’organizzazione di al-Qaeda che si trovava nella privincia sunnita da anni. Abu Risha riuscì laddove le truppe americane fallirono. Tuttavia al-Qaeda lo uccise nel 2007. L’alleanza tribale durò fino a che gli americani trasferirono il governo a Maliki il quale, per motivi settari, sospese gli aiuti governativi a migliaia di uomini che avevano combatturo nell’alleanza divenendo parte dell’esercito iracheno!

E’ all’interno di questo vuoto che rinacque l’ISIS, che si alleò con i ribelli e le tribù armate e combatté contro le forze di Maliki. Invece di negoziare con le tribù, le forze di Maliki hanno distrutto Falluja facendo decine di migliaia di sfollati. Nonostante questo, non è riuscito a distruggere l’ISIS e le tribù. Maliki li ha perciò provocati ad inseguire il suo esercito ovunque.

La caduta di Mosul

Mercoledì scorso, gli iracheni hanno assistito alla caduta di Mosul, e del resto di Ninive, nelle mani dell’ISIS. Tikrit e la maggior parte della provincia di Salaheddine sono cadute il giorno dopo. E ora ci sono dei gruppi riuniti alla periferia della stessa Baghdad.

I gruppi ribelli di ex-personale militare e i membri tribali sono la maggioranza. Allo stesso tempo è presente anche l’ISIS il quale sarà in seguito un grosso fardello per i ribelli iracheni ed un sicuro alleato delle forze di Maliki. Questo ci ricorda ciò che sta accadendo in Siria, dato che là ci sono i principali giocatori: le forze di Assad e i suoi alleati iraniani, l’Esercito Libero Siriano e i suoi alleati e i terroristi rappresentati dall’ISIS e dal Fronte al-Nusra. Anche in Iraq sarà così.

La presenza dell’ISIS non cambierà i fatti principali della lotta in Iraq. Un terzo della popolazione è stata punita dal regime per ragioni settarie e di opportunismo politico. Era normale che si sarebbero rivoltati contro il regime e che continueranno ad essergli contrari. L’organizzazione di al-Qaeda ha imparato a intrufolarsi laddove c’è una società furiosa ed un grosso vuoto politico, proprio come ha fatto in Afghanistan e in Siria. Ma mettiamoci in testa che gli scopi di al-Qaeda e dei suoi gruppi non soddisfano le aspirazioni degli iracheni furiosi e che al-Qaeda considera questi iracheni alla stessa stregua del regime: religiosamente perduti.

Alla minaccia dell’ISIS e di al-Qaeda si aggiunge anche Nouri al-Maliki, il quale è disposto a commettere dei massacri per rimanere al potere, proprio come il presidente siriano Bashar al-Assad.  Per riconquistare la stabilità dell’Iraq, bisogna sbarazzarsi di Maliki e di al-Qaeda.

Continuerò questa discussione domani. Sull’Iran e l’intervento in Iraq.

 

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su Asharq al-Awsat il 14 Giugno, 2014.

 

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Abdulrahman al-Rashed è il Direttore Generale del Canale “Al Arabiya News”. Veterano e giornalista riconosciuto a livello internazionale, è l’ex-editore capo dell’importante quotidiano arabo di Londra “Asharq al-Awsat”, per il quale scrive regolarmente editoriali politici. E’ stato anche editore della testata sorella di “Asharq al-Awsat”, “al-Majalla”. Nel corso della sua carriera, Rashed ha intervistato diversi leaders mondiali, scrivendo articoli che si sono guadagnati riconoscimenti a livello mondiale ed ha condotto con successo “Al Arabiya”, alla posizione altamente considerata, fiorente e influente che attualmente ricopre.

 

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