In questione è un gruppo di alcune migliaia di esuli iraniani che vivono nel remoto Camp Ashraf nella provincia orientale irachena di Diyala. I residenti di Ashraf furono formalmente alleati con Saddam Hussein nel resistere al regime clericale di Teheran, e sono stati una spina nel fianco di al-Maliki mentre questi rafforza i legami con l’Iran.
Un attacco mortale condotto in aprile contro il campo da forze irachene ha sollevato critiche internazionali sul trattamento del gruppo da parte di Baghdad, e al-Maliki ha risposto impegnandosi a deportare i residenti di Ashraf entro la fine dell’anno.
Osservatori delle Nazioni Unite sono stati fra le sole persone alle quali il governo iracheno ha permesso di entrare nel campo dopo l’attacco di aprile. Ma essi hanno fatto pochissimi commenti pubblici, se non nessuno, circa l’attacco o circa il piano del governo di deportare i residenti di Ashraf.
In una dichiarazione rilasciata dopo l’incontro di commiato domenica, al-Maliki ha detto che l’inviato delle Nazioni Unite Ad Melkert avrebbe affermato il sostegno delle Nazioni Unite su una serie di materie, “inclusa la questione di Camp Ashraf e la necessità di attuare il decreto del suo ministero di deportare i residenti fuori dall’Iraq entro la fine di quest’anno”.
In uno dei suoi ultimi atti dopo due anni come inviato in Iraq, il mite Melkert ha detto categoricamente che non era vero.
“Le Nazioni Unite continuano a sostenere che i residenti di Camp Ashraf debbano essere protetti da deportazione forzata, espulsione o rimpatrio”, ha detto l’ufficio di Melkert in un comunicato lunedì. Ha detto inoltre che Melkert ha reiterato tale posizione durante il suo incontro domenica con il Primo Ministro.