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Iran: aggiornamento del coronavirus, oltre 26.200 decessi, 12 aprile 2020, 18:00 CEST

Over 26,200 dead of coronavirus (COVID-19) in Iran-Iran Coronavirus Death Toll per PMOI MEK sources

Il bilancio delle vittime a Teheran e a Shiraz sta aumentando rapidamente
L’Organizzazione del Mojahedin del Popolo Iraniano (OMPI / MEK) ha annunciato domenica 12 aprile che il bilancio delle vittime del Coronavirus ha superato le 26.200 in 266 città dell’Iran. Il numero delle vittime nella provincia di Teheran è 4.050, in quella di Qom 2.630, di Khorasan Razavi 2.320, del Khuzestan 1.070, di Alborz 990, del Golestan 920, dell’Azerbaigian occidentale 730, di Hamedan 675, di Ardabil 530, di Fars 530, di Zanjan 420, del Kurdistan 420, di Yazd 395, di Bushehr 140 e del Khorasan meridionale 65. Secondo gli ultimi rapporti, il bilancio delle vittime a Shiraz è salito notevolmente e sta aumentando rapidamente nella provincia di Teheran.
Oggi 12 aprile Mojtaba Yazdani, vice sindaco di Teheran, ha riferito all’agenzia di stampa statale, IRNA, della creazione di una nuova sezione nel cimitero Behesht-e Zahra di Teheran per vittime di Coronavirus con “10.000 tombe di nuove dimensioni”. Ha anche annunciato che le camere fredde da 40 piedi, due camere fredde di tipo alveare e due container refrigerati da 12 metri, nonché rifugi di emergenza, sono attrezzati e preparati. In precedenza, il CNRI aveva annunciato che era stato recentemente firmato un contratto per “costruire 10.000 nuove tombe a Behesht-e Zahra”.
Tuttavia, oggi Hassan Rouhani ha cercato ancora una volta di giustificare la decisione criminale di spingere le persone a tornare al lavoro e ha asserito assurdamente che la situazione del regime nella lotta contro il Coronavirus è migliore che nei Paesi europei. Ha anche tacitamente indicato la carenza di cibo, dicendo: “Alcuni Paesi che erano soliti vendere ed esportare grano fino a poco tempo fa, stanno diventando avari e si rifiutano di vendere”.
Le osservazioni di Rouhani non sono prese sul serio nemmeno tra le autorità sanitarie del regime. Ieri, Alireza Zali, capo dell’Unità Operativa Nazionale per Combattere il Coronavirus (National Coronavirus Combat Taskforce – NCCT) di Teheran, parlando alla TV statale 5 circa il costringere le persone a tornare al lavoro, ha dichiarato: “Le conseguenze sul numero di pazienti non si mostreranno prima di due settimane da ora”. “Il nostro personale medico è esaurito. Hanno affrontato molti problemi; alcuni sono diventati martiri, altri non sono in grado di prestare servizio… La nostra squadra sfinita deve ora essere sull’orlo di un nuovo picco dell’epidemia, mentre non abbiamo ancora avvertito la giusta e desiderabile discesa della curva dei casi a Teheran” – ha aggiunto.
Oggi, in un articolo pubblicato sul quotidiano statale Aftab-Yazd, Mohammad-Reza Mahboubfar, un epidemiologo, ha scritto: “Nei prossimi giorni, il numero di morti raggiungerà cifre incredibili… Secondo informazioni ricevute, il numero di persone infette dal virus in tutto il Paese non è diminuito. È importante notare che solo il 6%, o al massimo il 10% dei pazienti è stato identificato e altri si sono auto-messi in quarantena a casa, preferendo non andare ai centri medici. Il picco della malattia deve ancora arrivare”.
Negli ultimi giorni, più funzionari all’interno del regime hanno chiesto la copertura dei costi della quarantena da parte dei cartelli controllati da Khamenei. Masih Mohajeri, caporedattore del quotidiano statale Jomhuri Eslami, ed ex consigliere durante le presidenze di Rafsanjani e Khatami, ha scritto oggi: “Data la recessione causata dall’epidemia di Coronavirus […], grandi società finanziarie a partecipazione statale che hanno le risorse e appartengono anche al pubblico devono venire alla ribalta per risolvere definitivamente i problemi. Queste includono il Quartier Generale per Eseguire l’Ordine dell’Imam Khomeini, Mostazafan (Abased) e le Fondazioni Astan-e Quds Razavi. Le vaste risorse disponibili per questi conglomerati, se portate in aiuto di quanti sono stati colpiti dal disastro del Coronavirus, risolveranno completamente i problemi di questi settori nel più breve tempo possibile”. “Se non spendono i soldi che hanno a disposizione per la popolazione colpita, come vogliono giustificare la ragione della loro stessa esistenza?” ha aggiunto.
Nel frattempo, Iraj Harirchi, viceministro della Sanità, ha dichiarato questa mattina al quotidiano Aftab-Yazd: “Il tasso di mortalità per Coronavirus è più alto tra i poveri. Hanno meno accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi medici. L’impatto del Coronavirus sull’economia influenzerà molto di più i poveri. Coloro che rischiano di perdere il lavoro e quelli che lavorano part-time ne soffriranno di più”.
Un medico in un ospedale di Shahr-e Ray ha dichiarato oggi al quotidiano statale Arman: “Molte persone che sono sospettate di essere infettate dal Coronavirus provengono dalle zone più povere e vivono in baraccopoli ai margini delle città. Quando diciamo loro che devono essere testate, la maggior parte di loro rifiutano e dicono: “Se restiamo in ospedale per diverse settimane, chi nutrirà la nostra famiglia? E perderemo il lavoro. Per favore, trattateci con dei farmaci”.
Nel frattempo, il regime rimane preoccupato per le rivolte e le ribellioni sociali. Oggi, l’ex vice-ministro dell’Interno per gli affari politici e la sicurezza ha dichiarato al quotidiano statale Arman: “Problemi sociali e di sicurezza sono possibili non solo nella situazione post-Coronavirus, ma anche nelle circostanze attuali. Se il governo non gestisce [la crisi] in modo intelligente e prudente, potremmo dover affrontare gravi problemi sociali”.
Mustafa Moin, ex ministro della Sanità e dell’Istruzione superiore del regime, ha dichiarato oggi al sito Web Setar-e Sobh: “Esiste la possibilità che si verifichino nuove tensioni sociali o politiche, simili a quelle degli ultimi due o tre anni, indipendentemente dalle fazioni politiche. Sia a breve che a lungo termine, la società iraniana e il nostro Paese saranno colpiti dalle conseguenze psicologiche, sociali, economiche e politiche della pandemia di Coronavirus”.
Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran
12 aprile 2010

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