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Dopo le 12 esecuzioni del 6 settembre, altri dieci prigionieri impiccati il giorno dopo

Famiglie di detenuti nel braccio della morte protestano fuori dalla magistratura del regime

Per conservare il suo indegno regime, Khamenei ha intrapreso un’ondata di esecuzioni di massa senza precedenti negli ultimi anni. Dopo l’esecuzione di 12 prigionieri il 6 settembre, altri 10 prigionieri sono stati impiccati mercoledì 7 settembre nelle carceri di Minab, Bandar Abbas e Gohardasht: due a Minab, sette a Gohardasht e uno a Bandar Abbas.
Giovedì 8 settembre, gli scagnozzi del regime hanno inoltre impiccato un prigioniero di 22 anni, Ghafoor Nejatpour, nella prigione di Gonbad Kavoos.
Uno dei giustiziati a Minab era un povero trasportatore di carburante, Mahmood Balochi, impiccato in prigione dopo 11 anni di reclusione per ordine diretto del capo della magistratura Gholamhossein Mohseni Eje’i. Il sito web statale Khabar ha scritto a questo proposito il 7 settembre: “Per ordine del capo della magistratura in merito a vecchi casi, l’assassino del martire Ehsani è stato impiccato e questo caso è stato risolto dopo 11 anni”.
L’8 settembre i famigliari di prigionieri nel braccio della morte a Teheran hanno tenuto il loro terzo giorno di protesta davanti all’edificio della magistratura del regime e hanno chiesto la sospensione dell’esecuzione dei loro cari. Padri e madri anziani, mogli e figli dei prigionieri hanno protestato contro la diffusa ondata di esecuzioni portando cartelli e gridando: “Non giustiziate!” e “No alle esecuzioni”. I figli di uno dei prigionieri giustiziati hanno detto durante la manifestazione: “Non permettete che altre persone vengano uccise e che le famiglie siano in lutto. Basta con le uccisioni!”. Un altro partecipante ha detto: “Quanti altri di noi dovrebbero essere uccisi senza che diciamo nulla? Piangiamo i figli più coraggiosi della nostra terra. Non vogliamo che nessun altro di noi venga ucciso”.
Riguardo all’ondata di esecuzioni di prigionieri, Iraj Fattahi, il capo della prigione centrale di Karaj, ha detto alle famiglie: “Stiamo solo eseguendo ordini! L’ordine di esecuzione è stato emesso dalla magistratura”. I capi delle carceri del regime hanno bloccato le vie di uscita delle carceri con filo spinato per evitare che prigionieri in protesta potessero fuggire.
Sulla base di documenti ottenuti dall’interno della magistratura del regime, il Comitato per la Sicurezza e l’Antiterrorismo del CNRI ha rivelato in una dichiarazione del 16 maggio 2022 che 5.197 prigionieri erano allora nel braccio della morte o condannati a Qisas (ritorsione in natura).
La signora Maryam Rajavi, presidente-eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI) ha affermato che il silenzio e l’inazione di fronte al regime dei mullah, che versa sangue senza curarsene ed è coinvolto in crimini contro l’umanità e genocidio da quattro decenni, è una presa in giro dei principi universali dei diritti umani. Il dossier dei crimini del regime dovrebbe essere deferito al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e i suoi leader dovrebbero essere assicurati alla giustizia. Esprimendo la sua simpatia e solidarietà alle famiglie che si riuniscono al di fuori della magistratura del regime, ha affermato che Khamenei sta cercando invano di salvare il suo regime vacillante aumentando la repressione e le esecuzioni, che hanno intensificato la rabbia pubblica contro il regime antiumano dei mullah.

Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI)
9 settembre 2022

 

 

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