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Una smentita al “Los Angeles Times” Si attacca la vittima invece del bandito e si prepara la scena per un quarto massacro

Gli obblighi degli Stati Uniti per la sicurezza e la protezione dei residenti dei campi Ashraf e Liberty

L’articolo “I piani degli Stati Uniti di trasferire un gruppo iraniano in esilio fuori dall’Iraq si scontrano con un ostacolo” (“The Los Angeles Times”, 25 maggio 2013) è non solo un classico esempio di giornalismo di parte, non professionale e sensazionalistico, ma anche una stupefacente miscela di bugie straordinarie, che consapevolmente o inconsapevolmente prepara la scena per un quarto massacro di quello stesso “gruppo iraniano in esilio”.

Contrariamente all’asserzione dell’autore, l’ufficio di Washington del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (NCRI-US) non è mai stato contattato circa l’articolo e i tentativi da parte dell’ufficio NCRI-US di contattare l’autore sono rimasti senza risposta. Per impostare le cose in modo chiaro, ecco in ordine le seguenti informazioni:

1. L’articolo fa riferimento a uno “sforzo lungo un decennio da parte del Dipartimento di Stato di trovare una nuova dimora” per il principale gruppo di opposizione iraniano, Mujahedin-e Khalq (MEK). Niente potrebbe essere più lontano dal vero. Al contrario, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e governi europei hanno riconosciuto che l’ingiusta etichetta di ‘terroristi’ da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti contro il MEK, che è stata revocata lo scorso settembre dopo 15 anni, è stata il più grande ostacolo per il reinsediamento dei residenti. Il riferimento a un falso sforzo decennale sorvola comodamente sul fatto che nemmeno a uno solo dei residenti di Camp Liberty già in possesso dello status di rifugiato negli Stati Uniti, inclusi 66 individui intervistati separatamente dai dipartimenti di Stato e della Sicurezza Interna, è stato consentito di ritornare negli Stati Uniti.

2. Nel 2003, in uno scambio con il regime iraniano, gli Stati Uniti bombardarono le basi del MEK in Iraq nonostante il fatto che il gruppo non fosse una parte nella guerra in Iraq né vi avesse sparato un solo proiettile. Gli attacchi aerei uccisero decine di persone e ne ferirono molte di più (“The Wall Street Journal”, 17 aprile 2003; “The Washington Post”, 18 aprile 2003). Nel periodo successivo alla guerra, dopo un’indagine di 16 mesi sui precedenti di tutti i residenti di Camp Ashraf, gli Stati Uniti riconobbero i residenti come non-combattenti e “persone protette ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra” nel luglio 2004 e fornirono un impegno scritto a proteggerli “fino alla loro disposizione finale” in compenso per il loro disarmo.

3. All’inizio del 2009, non ostanti moniti internazionali, inclusi quelli del Comitato Internazionale della Croce Rossa e dell’ACNUR, e pur essendo pienamente consapevoli della fedeltà del governo iracheno al regime iraniano, gli Stati Uniti tuttavia violarono il diritto internazionale trasferendo all’Iraq la responsabilità di proteggere i residenti. In seguito a questo trasferimento illegale, 50 residenti furono uccisi e più di 1.000 feriti in due massacri ad Ashraf nel luglio 2009 e nell’aprile 2011. Gli attacchi da parte dell’esercito iracheno avvennero sotto gli occhi di forze degli Stati Uniti e mentre l’allora Segretario della Difesa degli Stati Uniti era in visita in Iraq.

4. La leadership del MEK non ha mai firmato “un accordo con le Nazioni Unite e con l’Iraq lo scorso anno per abbandonare … Camp Ashraf”. Il Memorandum d’Intesa del 25 dicembre 2011 fu firmato senza nemmeno la conoscenza da parte dei residenti e senza il loro consenso da Martin Kobler, rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’ONU in Iraq, e dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale dell’Iraq. Kobler mand? i residenti a Camp Liberty architettando tre grossolane bugie, promettendo rapido reinsediamento, sicurezza e protezione, e rispetto delle norme umanitarie internazionali nel campo. In due opinioni il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria ha descritto Camp Liberty come una prigione. Ci? detto, il trasferimento non inizi? nel settembre 2012 come l’autore dell’articolo afferma, ma sette mesi prima, nel febbraio 2012.

5. L’asserzione da parte del facente funzione di Assistente Segretario di Stato per gli Affari del Vicino Oriente e dell’Asia Meridionale Beth Jones che la leadership del MEK “non stava cooperando nelle partenze, non ostanti i rischi per le vite dei loro membri in Iraq” capovolge la verità e colpisce la vittima invece del bandito. Essa contraddice apertamente la testimonianza del Segretario di Stato John Kerry nelle audizioni alla Commissione Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti il 17 aprile e alla Sottocommissione del Senato su Dipartimento di Stato, Operazioni estere e altre materie della Commissione per gli Stanziamenti del 18 aprile, nel corso delle quali egli ha detto ai legislatori: “Noi abbiamo contattato innumerevoli Paesi [per reinsediare i residenti]; abbiamo avuto rifiuti da innumerevoli Paesi”. I residenti di Camp Liberty, i loro rappresentanti e l’ufficio del CNRI a Parigi hanno inviato decine di lettere al Segretario Generale dell’ONU e al Segretario di Stato degli Stati Uniti, chiedendo l’immediato trasferimento di tutti i residenti negli Stati Uniti o in Europa, anche su base temporanea, aggiungendo che essi avrebbero sostenuto in proprio tutte le necessarie spese per il reinsediamento. Dal 17 febbraio 2012, quando inizi? il trasferimento a Camp Liberty, fino al 15 maggio 2013 (circa 15 mesi), solo otto residenti sono stati ristabiliti in Paesi terzi, mentre altri otto residenti sono stati uccisi in un attacco con  razzi il 9 febbraio e altri sei sono morti per mancanza di cure mediche adeguate. L’assedio medico aveva precedentemente portato alla morte di altre otto persone ad Ashraf.

6. Nel tentativo di sfuggire alla propria responsabilità circa il trasferimento dei residenti alla prigione Liberty e la mancanza di protezione l?, cos? come per il fallimento del progetto di reinsediamento e per la sua parzialità e il suo sostegno sfacciati per il governo dell’Iraq – cosa che ha anche suscitato vasta riprovazione da parte del popolo iracheno –, Kobler continua a fabbricare false e criminali asserzioni contro i residenti. E deplorevole che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti abbia rimaneggiato queste menzogne e che l’autore dell’articolo sia intervenuto esagerandole. In seguito all’attacco con razzi su Camp Liberty, il processo di reinsediamento non si stava facendo strada a causa della mancanza dei requisiti di sicurezza essenziali, suggerendo la presentazione della Risoluzione della Camera dei Rappresentanti numero 89, che chiede il ritorno dei residenti ad Ashraf per una loro migliore protezione fino al reinsediamento al di fuori dell’Iraq. Questa risoluzione gode del sostegno bipartisan di quasi cento membri del Congresso.

7. Nell’aprile del 2012, la Resistenza Iraniana inizi? dei negoziati con il governo albanese perché questo accettasse tutti o numerosi residenti. Gli Stati Uniti e l’ACNUR si sono uniti in questo tentativo. Nel novembre 2012, il governo dell’Albania acconsent? al reinsediamento di 210 residenti. Tuttavia, l’intempestivo annuncio dell’accordo da parte di Kobler per motivi di propaganda innest? un’immediata reazione del regime clericale in Iran, cosa che ha effettivamente cancellato le prospettive di reinsediamento per un maggiore numero di residenti in Albania.

8. I rappresentanti dei residenti hanno inviato tre diverse liste alle Nazioni Unite e al Dipartimento di Stato (il 21 marzo, il 12 aprile e il 17 maggio 2013), fornendo i nomi di 240 residenti per il trasferimento in Albania. Essi hanno anche assunto un impegno scritto ad accettare tutti i costi relativi al trasferimento dei residenti nel Paese. Nel corso dell’audizione al Senato il 18 aprile, il Segretario di Stato Kerry ha evidenziato: “170 [residenti] hanno concordato di andare in Albania”. Inoltre, il 19 aprile, una lista di 100 residenti con documenti tedeschi come rifugiati è stata formalmente presentata all’ACNUR per il loro reinsediamento in Germania. In seguito all’attacco con razzi, i residenti correttamente enfatizzano il fatto che la questione principale è la loro protezione collettiva. Questo è il motivo per il quale si oppongono a soluzioni di reinsediamento frammentarie e chiedono l’immediato trasferimento di tutti i residenti insieme. Essi chiedono: ‘Come possiamo partire e salvare le nostre vite mentre i nostri amici e familiari restano indietro alla mercé di bombardamenti e attacchi con razzi e mortai?’. Cionondimeno, attraverso un intenso sforzo, la leadership del campo e i rappresentanti dei residenti a Parigi sono riusciti a convincere i 340 suddetti residenti a trasferirsi. Ad oggi, tuttavia, con l’eccezione dei 14 residenti trasferiti in Albania il 15 maggio, nessun altro lo è stato.

9. I 100 residenti tuttora a Camp Ashraf sono rimasti l? senza un limite di tempo e sulla base di un accordo quadrilaterale (fra il Dipartimento di Stato, le Nazioni Unite, il governo iracheno e i residenti) con lo scopo di sorvegliare i beni mobili e immobili di tutti i residenti, che hanno un valore di oltre 500 milioni di dollari. Sulla base di questo accordo e secondo la propria dichiarazione del 29 agosto, il Dipartimento di Stato sostiene la sicurezza e la protezione dei residenti a Camp Liberty. Il 3 ottobre 2012 l’Agence France Presse ha citato una dichiarazione dell’ambasciatore Daniel Fried, consigliere speciale per Ashraf del Segretario di Stato Hillary Clinton: “Circa 200 membri del gruppo erano stati autorizzati dagli iracheni a rimanere a Camp Ashraf fino alla fine dello scorso mese per vendere i veicoli e le proprietà, ma 100 sarebbero dovuti andare via in breve tempo … Richiesto se ci fosse un termine per la partenza dell’ultimo gruppo di 100, egli ha detto che non c’è ‘alcun limite di tempo’“.

10. Caratterizzare il MEK come “marxista-islamista” o come un “culto” è meramente la ripetizione della spesso ripetuta propaganda disseminata dai servizi di intelligence del regime iraniano. Un rapporto del dicembre 2012 preparato dalla Divisione Federale di Ricerca della Biblioteca del Congresso per il Pentagono ha spiegato che il regime iraniano “considera i Mojahedin-e-Khalq l’organizzazione che minaccia maggiormente la Repubblica Islamica dell’Iran”, aggiungendo che una delle principali responsabilità del Ministero dell’Intelligence dell’Iran “è di condurre operazioni segrete contro i Mojahedin-e-Khalq e di identificare ed eliminare i suoi membri”. Il rapporto prosegue dicendo che l’agenzia spionistica del regime recluta persone che pretendono di essere ex membri del MEK e “le usa per lanciare una campagna di disinformazione” contro il MEK stesso. Il 5 luglio 2010 il quotidiano canadese “Toronto Sun” ha citato John Thompson, capo del Mackenzie Institute, un gruppo di studio dedicato ai temi della sicurezza, dicendo: “gli furono offerti 80.000 dollari da un uomo legato alla missione dell’Iran in Canada. ‘Volevano che io pubblicassi un articolo sui Mujahedin-e Khalq’, ha detto. ‘L’Iran sta tentando di ottenere che altri Stati li etichettino come un culto terrorista’”.

Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran

25 maggio 2013

 

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