sabato, Luglio 27, 2024
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Nubi pesanti sui colloqui sul nucleare iraniano: Teheran avanza ulteriori pretese sempre più stringenti

Le prove di un riavvicinamento, la scorsa settimana in Qatar, tra gli Stati Uniti e il regime iraniano – moderati dall’Unione Europea – non sono riusciti a fare alcun passo avanti dallo stallo sul nucleare iraniano, tanto meno a raggiungere una soluzione. Il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato che non ci sono nuovi colloqui in programma.
“Introdurre qualsiasi cosa che vada oltre gli stretti confini del JCPOA suggerisce una mancanza di serietà, suggerisce una mancanza di impegno. E questo, purtroppo, è ciò che il team ha visto ancora una volta a Doha”, ha dichiarato martedì il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price, riferendosi all’accordo nucleare iraniano (JCPOA).
Siamo giunti al mese di luglio del 2022, più di sei mesi dopo che, nel dicembre del 2021, i negoziatori occidentali affermavano che sarebbero bastate soltanto “settimane” per rilanciare l’accordo nucleare del 2015. A causa del rifiuto dell’Occidente di adottare una politica ferma e determinata di fronte alle espansioni nucleari di Teheran e alle ripetute violazioni dei suoi impegni, il regime dei mullah ha preso tempo per far avanzare ulteriormente il suo programma di armi nucleari illegali e sviluppare il suo programma di missili balistici come mezzo per trasportare un carico nucleare.
Il 1° luglio, Bloomberg ha riferito che l’UE sta cercando di avviare un nuovo ciclo di colloqui sul nucleare dopo la visita del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden in Medio Oriente, prevista per metà luglio. Sebbene sembri perfettamente normale in base agli standard e alle procedure diplomatiche internazionali, in questo caso si traduce in un segnale della debolezza occidentale che Teheran sta sfruttando al massimo da decenni.
L’Occidente deve capire che il regime iraniano ha sempre avuto, anche adesso, la mano più debole. Teheran ha bisogno dell’accordo più di Washington e Bruxelles, e gli Stati Uniti e l’Unione Europea dovrebbero agire con fermezza e dimostrare di essere disposti a ritirarsi. Diversamente, i mullah continueranno a guadagnare tempo e a reiterare le loro violazioni dell’impegno nucleare, ad esempio scollegando le telecamere di monitoraggio delle Nazioni Unite e installando centrifughe avanzate per arricchire l’uranio a Fordow, un sito ben protetto nel cuore di una regione montuosa dell’Iran centrale.
“…Siamo ovviamente allarmati, così come i nostri partner, per i progressi compiuti nel campo dell’arricchimento”, ha dichiarato l’inviato speciale degli Stati Uniti per l’Iran Robert Malley in un’intervista alla National Public Radio, ripetendo le osservazioni di Price sull’aggiunta di “richieste che, a mio avviso, chiunque guardi a questo aspetto percepirebbe come prive di attinenza con l’accordo nucleare”. L’Iran ha a disposizione abbastanza uranio altamente arricchito per costruire una bomba e potrebbe farlo nel giro di poche settimane.
Dopo aver parlato con il capo della politica estera dell’UE, Josep Borrell, il ministro degli Esteri del regime iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha dichiarato su Twitter: “L’accordo è possibile solo sulla base della comprensione e degli interessi reciproci. Siamo pronti a negoziare un accordo forte e duraturo. Gli Stati Uniti devono decidere se vogliono un accordo o insistere con le loro richieste unilaterali”.
Si tratta di un’altra tattica del manuale di politica estera di Teheran: rimettere la palla nel campo degli avversari e approfittare della loro incertezza per intraprendere azioni coercitive significative. Fino a quando la belligeranza iraniana non sarà perseguita, i mullah di Teheran e l’alto comando del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), l’entità che sta dietro ai programmi nucleari e di missili balistici del regime, si sentiranno sicuri di portare avanti le loro brame. Per ora, l’appuntamento principale sul calendario iraniano è la prossima riunione del Consiglio dei Governatori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che si terrà a settembre.
Dopo la tiepida risoluzione di giugno dell’organo di controllo nucleare delle Nazioni Unite, che condannava la non conformità dell’Iran con i suoi ispettori e le sue procedure, Teheran ora metterà alla prova la determinazione dell’Occidente per vedere se è disposto a condannare il regime rinviando il suo dossier nucleare dall’AIEA al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Sebbene Russia e Cina si rifiuteranno ovviamente di appoggiare qualsiasi risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, affinché ripristini le sanzioni internazionali pre-2015 contro Teheran, la semplice escalation non gioca a favore di Teheran, che preferirebbe evitare uno sviluppo così negativo dell’ingorgo.
Se l’Occidente giocherà correttamente le sue carte, come è facile che sia, potrà sia contenere che rallentare il programma di armamento nucleare iraniano, impiegando al contempo gli elementi per affrontare il sostegno del regime al terrorismo globale e le gravi violazioni dei Diritti Umani.
Contemporaneamente allo stallo nucleare, l’Iran sta sfruttando la debolezza dell’Occidente portando avanti la sua pluridecennale politica di prendere ostaggi occidentali in cambio dei suoi terroristi detenuti e/o di perseguire determinati obiettivi di politica estera cercando anche di ottenere benefici finanziari. L’accordo nucleare di Obama del 2015 è tuttora oggetto di critiche per aver fornito a Teheran 1,7 miliardi di dollari in contanti per il rilascio di alcuni cittadini di due paesi tenuti in ostaggio dall’IRGC.
Mentre parliamo, numerosi gruppi e personalità di tutto il mondo stanno mettendo in guardia da un nuovo accordo di scambio di prigionieri tra il Belgio e il regime iraniano, accusando i politici belgi di dare, in questo modo, “luce verde al terrorismo sponsorizzato dallo Stato”.
Bruxelles sta cercando di ottenere una rapida approvazione da parte del Parlamento per un trattato che potrebbe portare al rilascio del diplomatico-terrorista iraniano Assadollah Assadi e dei suoi tre complici. Assadi e la sua “celula stanno scontando una pena detentiva in Belgio per “tentato omicidio e coinvolgimento nel terrorismo” per il loro ruolo nel tentativo di fare esplodere un ordigno al Raduno del 2018 nei pressi di Parigi, organizzato a sostegno della coalizione di opposizione iraniana Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran.
La scorso mercoledì, la Commissione Esteri del Parlamento belga ha votato a favore del progetto di legge a cui si è accennato, creando un precedente molto pericoloso. Il disegno di legge, che ha già provocato uno stallo politico senza precedenti in Belgio con potenziali ripercussioni in tutta Europa, sarà sottoposto all’esame dell’intero Parlamento belga, composto da 150 membri, il 14 luglio.
Si tratta dell’ennesimo banco di prova per l’Occidente, in particolare per il Vecchio Continente, sulla volontà di adottare una posizione ferma, da tempo necessaria, nei confronti del regime iraniano, noto soprattutto come il principale Stato sponsor del terrorismo a livello mondiale, che ora è sul punto di superare la “soglia nucleare”, ovvero la capacità di produrre armi nucleari senza essere individuato.

 

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