sabato, Luglio 27, 2024
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La misteriosa morte di un attivista informatico solleva interrogativi nel contesto dei disordini politici iraniani

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Il 2 ottobre, Nima Keshvari, amministratore di un canale Telegram strettamente associato all’ex presidente del regime Hassan Rouhani, è annegato nel Mar Caspio. Curiosamente, la sua scomparsa è passata in gran parte inosservata e le circostanze della sua morte sono rimaste avvolte nel mistero. Nessuna informazione sostanziale riguardo la causa della morte è stata rivelata né alla famiglia di Keshvari né ai media. Anche se alcuni media statali hanno riportato l’incidente, la loro copertura è stata superficiale e priva del contesto necessario. Ciò suggerisce una potenziale limitazione imposta dal Ministero dell’Orientamento, sottolineando la natura delicata della situazione.
Secondo il giornale Sharq, legato allo Stato, a metà marzo 2017, Nima Keshvari e altri otto amministratori dei canali Telegram sono stati convocati da una delle agenzie di intelligence del Paese. Questa mossa ha suscitato le proteste di alcuni membri del “parlamento” allineati con la fazione cosiddetta “riformista”.
A seguito di un’inchiesta parlamentare dell’allora ministro dell’Intelligence (MOIS) Mahmoud Alavi, uno dei parlamentari, Alireza Rahimi, ha scritto su Telegram: “Il ministro dell’Intelligence ha dichiarato che il ministero non aveva alcun coinvolgimento nella detenzione e nel caso di questi amministratori di canali Telegram e che un’altra organizzazione di sicurezza aveva preso l’iniziativa del loro arresto. Ha inoltre aggiunto di non trovare alcuna giustificazione per le accuse contro questi amministratori e di non essere a conoscenza dei dettagli riguardanti questa vicenda”.

La situazione ha attirato ulteriore attenzione quando l’allora presidente Hassan Rouhani si è espresso sulla questione, dicendo: “Un metodo che è stato impiegato, e che speriamo non sarà più impiegato, è la pratica di arrestare qualcuno di giovedì quando la loro convocazione è per il successivo sabato, facendo loro passare un paio di notti dietro le sbarre, secondo alcuni. Poco prima delle feste di Eid, alcuni giovani individui sono stati arrestati. Ho prontamente richiesto un rapport al Ministero dell’Intelligence e, sulla base delle informazioni disponibili, è apparso che questi individui non avevano commesso alcun crimine”.
Rivalità letale
Prominenti figure del governo Rouhani si sono riunite alla cerimonia funebre per Nima Keshvari, tenuta alla moschea “Ibn Aqil” a Yousef Abad. Fra i presenti più noti l’ex ninistro dell’Intelligence Mahmoud Alavi ed ex vicepresidenti come Masoumeh Ebtekar, Jamshid Ansari e Mohsen Mehr-Alizadeh, che era stato vice di Mohammad Khatami.
Durante il funerale, l’ex capo del MOIS Alavi ha decisamente rifiutato l’insinuazione che il governo Rouhani avesse fornito fondi e informazioni a specifici canali Telegram. Ha anche criticato coloro che avevano interrogato Nima Keshvari e cercato di indurlo a confessare di avere ricevuto pagamenti dal governo Rouhani.
Le circostanze sospette della morte di Nima Keshvari, insieme alle reazioni dei media e dei funzionari statali, sottolineano una profonda lotta di potere all’interno del regime teocratico. Questi conflitti interni rivelano molto sull’establishment dominante e sulle sue narrazioni ingannevoli per il pubblico nazionale e internazionale.
Guerra informatica interna
Il 17 giugno 2022, l’agenzia ufficiale di notizie IRNA pubblicò un annuncio dell’Organizzazione di intelligence del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche che riferiva dell’arresto di tre amministratori di canali Telegram, come “Akhabar-e-Nimeh Mahramaneh [persiano per notizie semi-classificate], Saraer [persiano per segreti] e Sayenevis [persiano per scrittore ombra] per “avere pubblicato documenti riservati e disturbato l’opinione pubblica”.
Tra le accuse, si sosteneva che avessero tentato di guadagnare la fiducia del pubblico rilasciando documenti riservati e poi diffondendo notizie selettive e false per creare divisioni tra i funzionari del Paese.
Uno degli individui arrestati, Ali Qolhaki, era noto come attivista dei media con collegamenti con fonti di intelligence. Sebbene non siano state fornite le ragioni specifiche della loro detenzione, uno dei rapporti pubblicati da questi canali Telegram discuteva di un alterco verbale tra l’ex negoziatore nucleare Saeed Jalili e l’ex presidente del “parlamento” Ali Larijani durante una sessione del Consiglio per il Discernimento delle Opportunità. Secondo quanto riferito, questa sessione aveva coinvolto una proposta di Saeed Jalili per il ritiro del regime dal TNP (Trattato di Non Proliferazione), a cui si sono opposti Ali Larijani e l’ex presidente della Corte Suprema Sadegh Larijani.
Dopo l’arresto di Qolhaki, alcuni addetti ai lavori del regime hanno espresso sostegno alla decisione dell’IRGC e hanno accusato le persone arrestate di agire per conto dei nemici del regime.
iran raefipour post soleimani (1)In una dichiarazione rivelatrice, Ali Akbar Raefipour, una figura mediatica strettamente allineata al leader supremo del regime Ali Khamenei, ha rivelato le tattiche di disinformazione del regime. Ha rivelato come specifici attivisti informatici venivano ricompensati per il loro coinvolgimento nelle campagne sui social media del regime, affermando: “Il leader di questo gruppo è un aggressivo accaparratore di progetti, come avevo precedentemente avvertito”.
Questo riferimento si rifà al suo precedente avvertimento, in cui affermava: “Qualche giorno fa, ho appreso in una riunione che questi banditi dei media si sono presi il merito del successo globale dell’hashtag #hero (relativo al martirio del generale Soleimani), che, come il l’anno precedente, è stato il risultato degli sforzi della gioventù rivoluzionaria, in particolare di Masaf [la sua stessa rete]. Questi delinquenti dei media, per il loro tradimento dei beni pubblici, dovrebbero affrontare le conseguenze”.
L’aspetto intrigante qui non risiede nell’intensa rivalità tra le varie fazioni all’interno dell’esercito informatico del regime o nell’estensione della sua portata. Piuttosto, rivela un quadro più ampio e inquietante di un regime che ricorre a metodi violenti per gestire le lotte di potere interne.

Come scrive il quotidiano statale Ruydad 24, “Numerosi attivisti politici sono rimasti a riflettere sulle motivazioni delle istituzioni di sicurezza che stanno dietro la pubblicizzazione dell’arresto di questi amministratori dei canali. Ciò solleva ulteriori domande, per le quali mancano risposte definitive. Se incitare controversie tra funzionari statali è considerato un crimine, perché questi individui, insieme ad altri siti web ufficiali che promuovono questo programma, non sono stati affrontati durante gli otto anni di mandato del presidente Rouhani? Un’altra domanda riguarda l’influenza dei media associati alle Guardie Rivoluzionarie e se l’IRGC mantenga una presenza ufficiale su piattaforme come Telegram e Twitter. Sembra che gli arresti degli amministratori dei canali Telegram abbiano seguito un approccio selettivo. Curiosamente, diversi canali di Telegram, i cui amministratori sono addirittura accusati di estorsione da parte di conservatori, operano sotto la bandiera ufficiale delle Guardie della Rivoluzione”.
Alla data di questo rapporto non sono disponibili informazioni su dove si trovi Ali Qolhaki, il cui account Twitter, con oltre 80.000 follower, è silenzioso dal 10 giugno 2022.
Conclusioni tratte
Un rapporto completo del CNRI un rapporto completo fornisce dettagli sulla struttura complessa, sulle tattiche e sul background di varie organizzazioni e istituzioni che operano come esercito informatico del regime iraniano. Il rapporto evidenzia la storia di uno dei suoi fondatori scontenti, Mohammad-Hossein Tajik, che alla fine è stato minacciato, rapito e ucciso nel 2016.
In mezzo a una complessa rete di crisi nazionali e internazionali che minacciano la sua presa sul potere, la dittatura clericale è diventata sempre più intollerante nei confronti del dissenso, della defezione, e anche piccoli atti di segnalazione. Questo elevato livello di sensibilità evidenzia una significativa vulnerabilità nel loro regime.
In questo sistema oppressivo, la complicità è stata storicamente l’unico mezzo per ottenere fiducia e influenza in posizioni di autorità. Di conseguenza, qualsiasi tentativo genuino di defezionare o denunciare le malefatte del regime rischia di diventare una minaccia esistenziale. Ciò sottolinea chiaramente l’incapacità e la riluttanza intrinseche del regime ad attuare riforme. Pertanto, l’unica via da seguire è la rimozione di questa dittatura dall’Iran, trasformando i suoi crimini in lezioni per la storia e per un mondo migliore senza di essa.

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