sabato, Luglio 27, 2024
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Il progetto di Khamenei per il prossimo governo del regime iraniano

Nello sconvolgimento politico seguito all’incidente in elicottero che è costato la vita ad alti dirigenti iraniani, tutti gli indicatori rivelano che la massima priorità della “Guida Suprema” Ali Khamenei è dimostrare stabilità e alleviare le crescenti preoccupazioni tra le forze interne e gli alleati stranieri. Il giorno prima che Teheran annunciasse la morte del suo presidente Ebrahim Raisi e di altri alti dirigenti, Khamenei, prima ancora che il corpo di Raisi fosse ritrovato, aveva inteso assicurare la nazione, dicendo: “Il popolo iraniano non dovrebbe preoccuparsi; non ci saranno sconvolgimenti negli affari del Paese”.
Nonostante il deragliamento del suo progetto decennale, Khamenei si è astenuto dal piangere davanti alle bare degli alti funzionari. Il suo pianto per Qassem Soleimani trasmesso sulla TV di Stato nel 2020 aveva provocato la sua messa in ridicolo e dato un’immagine di debolezza. Questa volta ha cercato di mantenere la calma e ha ordinato una rapida preparazione per le prossime elezioni presidenziali.

Nomina del prossimo presidente dell’Iran

Secondo l’articolo 131 della Costituzione del regime, “In caso di morte, licenziamento, dimissioni, assenza o malattia di durata superiore a due mesi del presidente, o se il mandato del presidente termina e non è stato eletto un nuovo presidente, il primo vice presidente, con l’approvazione della Guida, assume i compiti e le responsabilità del presidente”.
Lunedì 20 maggio, Khamenei ha annunciato in un messaggio che il vicepresidente di Raisi, Mohammad Mokhber, avrebbe assunto il potere esecutivo ai sensi dell’articolo 131 e ha ordinato che le elezioni presidenziali si tenessero entro 50 giorni.
Mentre governi e centri di ricerca di tutto il mondo stanno già facendo ipotesi e stilando piani circa il prossimo presidente iraniano, Khamenei ha delineato la sua tabella di marcia. Nel corso degli anni, la “Guida Suprema” ha gradualmente screditato tutti gli “elementi indesiderabili” attraverso media affiliati allo Stato o influenzatori che hanno esposto documenti di corruzione, avviando cause legali contro di loro o loro familiari e, infine, squalificandoli attraverso il Consiglio dei Guardiani o il Ministero degli Interni.
Il 21 maggio 2024 media statali hanno riferito che Hadi Tahan Nazif, portavoce del Consiglio dei Guardiani, ha dichiarato che il nuovo presidente resterà in carica per un intero mandato di quattro anni, non solo per il resto del mandato di Raisi.

Potenziali candidati come prossimo presidente dell’Iran

Media vicini a Khamenei hanno menzionato potenziali candidati come Mohammad Mokhber, il presidente del “parlamento” Mohammad Bagher Ghalibaf, il sindaco di Teheran Alireza Zakani e Saeed Jalili, membro del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale. Nonostante numerosi casi di corruzione contro Ghalibaf e Zakani nei media vicini alle fazioni emarginate del regime, queste figure non hanno mai incontrato ostacoli legali o politici nel ricoprire posizioni elevate all’interno del regime.
L’esperienza di consolidamento del potere vista nelle elezioni parlamentari del 2019 e presidenziali del 2021 è l’indicazione più forte che il prossimo presidente proverrà dalla cerchia ristretta di Khamenei. Nelle passate elezioni, i cosiddetti “candidati riformisti” sono sempre stati squalificati dal Consiglio dei Guardiani o eliminati alle urne.
Anche i cosiddetti “moderati”, tra i quali figure importanti come l’ex presidente Hasan Rouhani, l’ex ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, l’ex presidente del consiglio comunale di Teheran Mohsen Hashemi Rafsanjani e l’ex governatore della Banca Centrale Abdolnaser Hemmati, hanno poche possibilità. Rouhani è stato squalificato dalla possibilità di entrare nell’Assemblea degli Esperti nelle elezioni farsa del 1° marzo e la sua lettera aperta di protesta contro il Consiglio dei Guardiani probabilmente ha ridotto ulteriormente le sue possibilità. Zarif, dopo la fuga di notizie di una registrazione audio riservata da parte di alleati di Khamenei prima delle elezioni del 2021, è troppo scaltro per rischiare la disgrazia politica candidandosi alle elezioni.

Anche coloro che hanno messo in campo candidati di spicco come Ali Larijani nell’ultima elezione hanno visto i loro candidati squalificati. Sebbene Larijani abbia servito il regime in varie posizioni chiave, è stato messo da parte a causa della spinta di Khamenei per Raisi.
Siti web gestiti dallo Stato notano che “l’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, dati il suo passato e la sua personalità incontrollabile, è improbabile che venga approvato”. La magistratura ha imprigionato molti consiglieri e stretti collaboratori di Ahmadinejad, ma le sue continue minacce di “rivelare i segreti del sistema” sono diventate un meme in Iran, garantendogli apparentemente un certo grado di immunità.
Ali Shamkhani, che ha ricoperto posizioni chiave come vice comandante in capo dell’IRGC, comandante delle forze di terra dell’IRGC, ministro della Difesa e segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, è un altro potenziale candidato. Tuttavia, negli ultimi anni, è stato messo da parte e screditato sui media statali per diversi scandali di corruzione.
Mohammad Mokhber Dezfouli, che è stato vicepresidente di Raisi dal 2021, sarà presidente ad interim per 50 giorni fino allo svolgimento delle elezioni presidenziali.
Mohsen Rezaei Mirqaed, ex comandante dell’IRGC e vicepresidente per l’economia dell’amministrazione Raisi, ha avuto continui contrasti con Mokhber e ha costantemente fallito nelle precedenti elezioni presidenziali.
Saeed Jalili, che ha dimostrato la sua lealtà alla linea di politica estera di Khamenei, è considerato un candidato probabile. Media del regime ipotizzano che una figura come Saeed Jalili potrebbe competere con Ghalibaf e che qualcuno con stretti legami con l’amministrazione Raisi abbia le migliori possibilità di assumere il timone presidenziale.
Durante la corsa per la nuova presidenza, stretti alleati di Khamenei, come Hamid Rasaee e Ali Akbar Raefi Pour, hanno duramente criticato l’attuale presidente del “parlamento”, Mohammad Bagher Ghalibaf. Tuttavia, Ghalibaf ha dimostrato di non essere sulla lista nera grazie al suo allineamento con le politiche di Khamenei.
Resta incerto se Khamenei sorprenderà tutti con una figura sconosciuta, come fece nel 2005, o sceglierà uno dei soliti sospetti. Tuttavia, ciò che sembra certo è che la sua strategia sia assolutamente determinata a mantenere il potere.

La nuova strategia di Khamenei

Il progetto decennale con Raisi ha dimostrato che Khamenei vede solo una via da seguire in mezzo alle infinite crisi interne ed esterne: consolidare il potere. Il regime deve affrontare sfide interne significative a seguito delle rivolte del 2017, del 2019 e del 2022, insieme agli scioperi continui da parte di insegnanti, pensionati e operai, all’impennata dell’inflazione e alla svalutazione. A livello internazionale, il regime è alle prese con questioni delicate come la crisi nucleare e le tensioni in Medio Oriente, che richiedono una strategia per gestire e controllare le tensioni con gli Stati Uniti, in particolare con le imminenti elezioni a Washington.
Inoltre, Teheran considera il sostegno alla Russia nella guerra in Ucraina, gli aiuti alle milizie mediorientali e il sostegno al terrorismo internazionale come meccanismi di sopravvivenza. Perdere qualcuno di questi significherebbe una guerra sulla difensiva e il confronto con le sue debolezze intrinseche.
Il regime deve anche affrontare un movimento di resistenza organizzato e le Unità di Resistenza del MEK, che sfidano quotidianamente l’apparato di repressione e mantengono viva nella società la speranza di rivolta e del suo rovesciamento. Questa resistenza lavora anche a livello internazionale per isolare il regime e prende di mira l’IRGC come principale braccio di repressione e terrorismo di Teheran.
Tuttavia, il parametro principale considerato da Khamenei è lo stato delle sue stesse forze. Ad ogni passo avanti verso il consolidamento del potere, il suo regime è diventato più piccolo e la sua base interna più debole. Ogni comandante ucciso e ogni ulteriore sanzione demoralizza le sue forze. Pertanto, qualsiasi concessione o ritirata è letale per le forze di Khamenei, rendendo il percorso intrapreso con Raisi e Amir-Abdollahian l’unica opzione praticabile per sopravvivere. Ciò, inevitabilmente, ha portato il regime in rotta di collisione sia con il popolo iraniano che con la comunità internazionale, con una caduta che sembra inevitabile alla fine di questa traiettoria.

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