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Intervista al Gen. Muzhir al-Qaisi, portavoce del Consiglio Militare Generale dei Rivoluzionari Iracheni

Aljazeera TV – 20 Giugno 2014 (tradotto in inglese dall’arabo)

Muzhir al-Qaisi: Oggi, i rivoluzionari delle tribù irachene hanno acceso la fiamma di una rivoluzione che non si estinguerà mai. Questa rivoluzione è iniziata quando il nostro popolo ha chiesto il rispetto dei suoi diritti legali e, secondo la costituzione, è ricorso ai sit-in.

Tuttavia, gli è stato risposto con ferro e fuoco. Alla fine sono state scelte le armi a ultima difesa delle nostre richieste. Ma grazie a Dio e grazie al consenso popolare che sta crescendo giorno dopo giorno, siamo riusciti a prendere il controllo di Mosul, Salahaddin, Fallujah, Garma, Biji e la maggior parte dell’area settentrionale e siamo ora vicini alle mura di Baghdad e alla sua periferia, cioè alla “cintura di Baghdad”.

D.: Cosa vi ha portato a questo punto? Voglio dire, dall’auto-difesa al punto di controllare le zone al nord dell’Iraq.

Muzhir al-Qaisi: E’ stato Maliki che ci ha portato a questo punto. E’ stato Maliki che ci ha costretto a questo. Quando ha mandato le sue unità militari nelle nostre zone per costruire i checkpoints, lo scopo era quello di suscitare orrore tra la popolazione.

D.: Quando diciamo che c’è il controllo in queste zone, non è solo da parte degli uomini armati delle tribù, ma c’è anche l’ISIL. Fino a che punto questa organizzazione ha il controllo sulle zone che sono sotto il controllo degli uomini armati delle tribù? (Mettiamola così) ha un’influenza in queste zone?

Muzhir al-Qaisi: L’ISIL esiste e nessuno lo può negare… ma questa rivoluzione, non è la rivoluzione di questa organizzazione, ma è piuttosto la rivoluzione delle tribù che si sono ribellate alla tirannia e i Consigli Militari fanno parte di queste forze ribelli.

D.: Fino a che punto le tribù sono in contatto con l’ISIL? C’è una relazione diretta e c’è coordinazione fra loro?

Muzhir al-Qaisi: Non c’è né coordinazione, né relazione. Come ho detto, questa organizzazione esiste ed ha alcuni combattenti e ci sono alcuni posti in cui ha dei movimenti, ma questa rivoluzione è una rivoluzione tribale e questo è ciò che vogliamo che il mondo intero sappia. Questa rivoluzione è una nuova Primavera Irachena. Questa è una rivoluzione armata per porre fine alla tirannia e non ha nessuna relazione con qualunque altro piano o programma. Non ha alcuna relazione con il terrorismo o qualunque altro partito. Questa è una rivoluzione di vere tribù irachene che si sono ribellate ad un governo tirannico.

D.: Qual’è la sua valutazione del numero e della forza dell’organizzazione dell’ISIL?

Muzhir al-Qaisi: Noi non siamo in contatto con loro e non possiamo conoscere il loro numero. Questo numero e questa esagerazione del numero dei combattenti non è stata menzionata da nessuna agenzia di stampa ufficiale o da qualche fonte ufficiale o fonte militare. Ma ciò che voglio dire è che, per quanto grande sia il numero di qualunque forza armata, è paragonabile alla popolazione tribale? Questa è l’intera popolazione dell’Iraq. Non è assolutamente paragonabile. Le tribù rappresentano la popolazione di questo paese e gli abitanti delle stesse città che sono state liberate. Hanno preso le armi per difendere le loro città e ciò in cui credono. La grandezza delle altre organizzazioni che affermano di essere con i rivoluzionari o di essere la rivoluzione, per quante e quanto grandi possano essere, non possono essere grandi quanto una rivoluzione delle masse.

D.: Voi trattate l’ISIL secondo la regola che dice “il nemico del mio nemico è mio amico?”

Muzhir al-Qaisi: Mai. Noi siamo legati agli obbiettivi della nazione. Le nostre armi ci sono state date dal nostro popolo. Ci possono anche essere molte armi puntate verso l’obbiettivo principale, ma questo non vuol dire che ci debba essere coordinazione e collaborazione fra loro.

D.: Quindi l’organizzazione dell’ISIL influenza i vostri obbiettivi?

Muzhir al-Qaisi: Non necessariamente. Non ha alcun effetto. Noi facciamo i nostri piani e agiamo da noi….

D.: Ma ora la comunità occidentale, il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon, il governo di Maliki e molti altri generalizzano su ciò che sta accadendo nelle zone sotto il vostro controllo e su ciò che viene fatto da elementi dell’ISIL. Questa questione influenza ciò che state cercando di fare e i vostri giusti diritti, in assenza di una posizione certa da parte vostra?

Muzhir al-Qaisi: Sicuramente influenza, ma noi dobbiamo pensare più chiaramente. Ci sono stati sicuramente comportamenti individuali in questi giorni, di quello o quell’altro, che sono in contrasto con i nostri principi e comportamenti e persino  con i diritti umani. Ma chi li sta diffondendo e attribuendo a noi. Questa è una domanda importante. Queste correnti possiedono enormi strutture propagandistiche e di informazione. Le faccio un esempio: se lei va su YouTube ora, troverà molti filmati contenenti delle scene specifiche.

D.: Di diritti umani calpestati, spari in testa e….

Muzhir al-Qaisi: Per danneggiare il nostro progetto. Beh, lo sa che quando noi postiamo un comunicato su YouTube, non lo lasciano per più di 48 ore e poi lo cancellano? Persino quello che pubblichiamo viene cancellato e rimosso da YouTube… Allora perché questi filmati ci restano così tanto? Non ci sarà qualcuno che li aiuta a rimanerci?

D.: Qual’è la sua posizione riguardo alle violenze che si vedono proprio ora su YouTube? Qual’è la posizione dei rivoluzionari tribali a questo riguardo?

Muzhir al-Qaisi: Noi non approviamo nessuna azione che sia contro i diritti umani, di qualunque parte. Noi condanniamo queste azioni e le rifiutiamo. Non approviamo tali azioni. Non approviamo che si calpesti nessun tipo di diritto. Gli altri hanno hanno le loro opinioni, ma noi non le approviamo assolutamente e non le usiamo neanche contro i nostri nemici.

D.: Sarà possibile assistere ad un conflitto tra i rivoluzionari tribali e l’ISIL come è accaduto in Siria?

Muzhir al-Qaisi: Personalmente, spero che non dovremo farlo.

D.: Quale soluzione pensa possa esistere?

Muzhir al-Qaisi: Le tattiche di guerra e le filosofie nella lotta armata finiscono sempre in soluzioni politiche. Non è possibile che i movimenti rivoluzionari durino senza armi, a meno che tutti gli obbiettivi politici per i quali hanno lottato non siano stati raggiunti. Noi vogliamo raggiungere questo obbiettivo con il minor numero di vittime possibile. Noi siamo stati costretti a prendere le armi. Noi non siamo soli. Siamo sostenuti da un popolo che ci ha obbligato a prendere le armi.

D.: Tra i vostri obbiettivi c’è Baghdad? Qual’è il vostro piano?

Muzhir al-Qaisi: Noi abbiamo pianificato un cambio di regime e la sua caduta. Se rovesciare il regime richiede rovesciare il suo esercito e i militanti che si sono arroccati a Baghdad, e quando sarà opportuno, questo obbiettivo sarà nei nostri piani e tra le nostre priorità. Oggi, stiamo cercando di eliminare la tirannia imposta agli iracheni. Vorrei ripetere che noi non siamo guerrafondai. Non cerchiamo lo scontro. Non vogliamo altre vittime. Né tra l’esercito governativo fatto di militanti, né tra quei civili intrappolati nella linea di fuoco. Quindi dico che noi abbiamo programmato ogni cosa. L’iniziativa è nelle nostre mani. Noi determiniamo la durata e l’entità dell’attacco.

D.: L’Arabia Saudita ha rilasciato una dichiarazione sugli sviluppi in Iraq, come vede la posizione degli stati del Golfo nei riguardi della crisi irachena?

Muzhir al-Qaisi: Apprezziamo questa posizione, anche se è tardi, troppo tardi. Siamo stati emarginati per moltissimo tempo. Lo dico in TV: noi non siamo i rappresentanti di un settore della società. Noi siamo i rappresentanti di tutto il popolo iracheno. Tutti gli iracheni sono importanti per noi. Forse una parte della società ha dovuto sopportare più tirannia di altre parti, perché è stata l’obbiettivo di un progetto più grande, un progetto che viene dall’Iran. L’Iran vuole cambiare la composizione demografica e anche la mappa demografica della regione per arrivare al Mediterraneo. Noi non chiediamo aiuto a queste nazioni, ma la loro approvazione e attenzione per le nostre richieste.

Noi vogliamo un Iraq democratico, dove tutto il popolo goda della democrazia con un governo eletto che governa la gente. Dove il popolo possa vivere nella giustizia, vivere con gli altri e proteggere l’unità dell’Iraq. Noi non accettiamo nessuna disintegrazione, né geografica, né sociale.

 

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