venerdì, Marzo 29, 2024
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A Ginevra la Resistenza iraniana suona l’allarme sul destino di un campo

Iran – alcune personalità ingiungono l’ONU a prendersi le sue responsabilità
 
di Angélique Mounier-Kuhn
 
Le Temps (Svizzera), 11 agosto – Le immagini sono raggelanti. Alcune mostrano un carro che sta per schiacciare il corpo di un uomo, messo di traverso sulla strada. Altre mostrano dei soldati che poggiano il calcio del loro fucile sulle guance, e li si immagina mirare a dei civili che si muovono sullo sfondo. L’8 aprile scorso, l’esercito iracheno ha invaso la città di Ashraf; situata a 80 km a nord di Baghdad, dove vivono, in un nulla fatto di polvere, 3400 rifugiati iraniani, membri attivi o simpatizzanti dell’opposizione in esilio al regime di Teheran. 36 persone sono morte nell’assalto; denunciato da Navi Pillay, Alto Commissario dei Diritti dell’Uomo. Il video di questo massacro è stato largamente diffuso. Ma, mercoledì scorso, è stato mostrato nuovamente a guisa d’introduzione per una conferenza organizzata dal Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI), all’Hotel Intercontinental di Ginevra. Una ventina di personalità, dall’ex governatore democratico statunitense Ed Rendell, all’ex rappresentante al Congresso Patrick Kennedy, senza dimenticare Ingrid Betancourt; la militante dei Diritti dell’Uomo Irène Khan e alcuni parlamentari svizzeri quali Éric Voruz o Jacques Neirynck, i quali hanno accettato l’invito del CNRI, infaticabile avvocato della sua propria causa.
 
“Ad oggi, tutto quanto abbiamo visto rivela drammaticamente la sua urgenza”, hanno affermato le personalità che si sono succedute nella tribuna. Di fronte a loro si manifestava l’approvazione convinta degli ospiti, che si galvanizzavano al ritmo di slogan reclamanti “Libertà” per Ashraf.
Assediati dall’esercito iracheno e sottomessi ad un embargo, che li priva, tra l’altro, di medicinali, i rifugiati del campo deperiscono di settimana in settimana, come ha di recente affermato, con allarme, Amnesty International, in un suo rapporto.
A peggiorare la loro condizione, secondo i loro sostenitori riuniti all’Intercontinental, i rifugiati di Ashraf vivono sotto il peso della costante minaccia di un nuovo attacco da parte di Baghdad, il cui governo, in pieno clima di riconciliazione con Teheran, non fa alcun mistero della sua intenzione di evacuare Ashraf, da qui alla fine dell’anno.
 
Una “bomba umanitaria”
 
“Ashraf è una bomba umanitaria pronta ad esplodere. E il tempo sta per esaurirsi”; ha affermato drammaticamente Irène Khan. Acceso al punto da sfiorare lo scoppio delle sue coronarie, Patrick Kennedy, ha evocato una questione “di vita o di morte”, mentre Ingrid Betancourt, in uno slancio lirico, dipingeva “un dramma straordinario, nell’attesa di un crimine annunciato”.
 
“È ancora possibile prevenirlo”, hanno martellato gli oratori, appellandosi all’ONU. In particolar modo Antonio Gutierrez, Alto Commissario per i Rifugiati; richiamando all’urgenza dell’azione da svolgere. “La prima misura da adottare è quella di accordare ai residenti di Ashraf una protezione internazionale assegnandogli lo statuto di rifugiati”, ha così affermato l’avvocato britannico Guy Goodwin-Gil, specialista di Diritto Internazionale. Egli incontrerà, il prossimo giovedì, un assistente dell’Alto Commissario, col quale discuterà proprio di questo argomento.
 
“Ho un messaggio molto preciso per le organizzazioni delle Nazioni Unite, in particolare per l’HCR e l’Alto Commissariato ai Diritti Umani”, ha confidato a Le Temps, da parte sua, Maryam Radjavi, Presidente del CNRI. “Il silenzio e l’inazione, di fronte al problema di Ashraf, rappresentano un tradimento ai diritti dell’uomo. Le istanze e le misure di cui si è discusso hanno il mandato e la capacità di reagire rapidamente per impedire una catastrofe.” Qualche istante più tardi, dalla tribuna, la riverita Egeria del CNRI, avanzava un’ultima argomentazione: Se, fra i meccanismi dell’ONU, la questione della protezione di Ashraf, dovesse bloccarsi su questioni di bilancio, la resistenza in esilio è pronta ad assumersi i costi; ha assicurato nel suo abito blu da Madonna, salutata da ferventi applausi.

 

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