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Iran, prigioniere politiche di Qarchak ed Evin commemorano Somayeh Rashidi

NCRI

Il 25 settembre 2025, un gruppo di detenuti politici nelle carceri iraniane di Qarchak ed Evin ha commemorato Somayeh Rashidi, la prigioniera politica deceduta, intonando cori come “Morte al dittatore, morte a Khamenei, maledizione a Khomeini” e gridando: “Somayeh è malata, eppure anche lei è diventata martire.”

La notizia giunge mentre l’Agenzia Studentesca SNN – affiliata alle milizie Basij delle Guardie Rivoluzionarie – ha diffuso un video in cui Rashidi, poco prima della sua morte, grida lo slogan “Morte a Khamenei, viva Maryam Rajavi.” Secondo fonti di opposizione, la pubblicazione del filmato sarebbe un tentativo di insabbiare la responsabilità per le “percosse”, il “rifiuto di cure mediche” e altri presunti abusi inflitti a Rashidi dagli agenti delle carceri di Evin e Qarchak, circostanze che avrebbero portato al suo decesso. L’agenzia SNN ha inoltre suggerito che Rashidi sarebbe stata coinvolta in presunte collaborazioni tra l’OMPI e Israele durante la cosiddetta “guerra dei 12 giorni”.

Il Basij ha anche diffuso la notizia di un presunto uso di “droghe illegali” da parte di Rashidi, lasciando intendere che la sua terapia sarebbe stata inefficace per tale motivo. Rimangono tuttavia dubbi sulle versioni ufficiali: secondo le autorità Rashidi avrebbe subito tre arresti e dieci interventi dal 2022, mentre altri la dipingono come vittima di tortura e campagne di discredito, incluso l’accusa di dipendenza da sostanze sintetiche.

Un gruppo di prigionieri politici ha scritto all’ONU per sollecitare un’indagine internazionale. “Il 2 maggio 2025, mentre scriveva lo slogan ‘L’operaio è sveglio; disprezza sia i mullah che lo Shah’, Rashidi è stata arrestata dagli agenti del Ministero dell’Intelligence. Dopo 24 ore di detenzione segreta e pressioni psicologiche, è stata portata nella sezione femminile di Evin il 3 maggio. Somayeh soffriva di epilessia e assumeva farmaci specifici. I media di regime, cercando di cancellare le proprie responsabilità, l’hanno etichettata come tossicodipendente. Ma la realtà, nota ai detenuti di Evin e Qarchak, è che Somayeh e altri come lei vengono perseguitati per il loro spirito di resistenza e non per ipotetiche dipendenze”, si legge nella lettera.

Testimonianze raccolte tra i reclusi affermano che la salute di Rashidi sarebbe peggiorata dopo il trasferimento a Qarchak, a causa delle pessime condizioni igienico-sanitarie e della mancanza di cure. “In infermeria la accusavano di fingere la malattia e la rimandavano sempre indietro,” denunciano gli attivisti. Quando le sue condizioni sono diventate critiche, sarebbe stata allontanata e da allora non si hanno più notizie precise sul suo destino.
La storia di Rashidi, sottolineano i firmatari, si inscrive nella lunga lista di donne detenute morte o scomparse nelle carceri della Repubblica islamica, un sistema responsabile, secondo l’opposizione e numerose organizzazioni per i diritti umani, di migliaia di esecuzioni e sparizioni forzate nel corso degli anni. “Somayeh non è la prima e purtroppo non sarà l’ultima vittima della repressione carceraria che ha già colpito 30mila prigionieri politici nel 1988”, conclude la lettera.

Sono stati diffusi anche materiali multimediali della commemorazione: una registrazione di detenute che cantano in coro “Somayeh giace nel suo sangue, Somayeh è caduta come un tulipano in fiore”, un video in cui Rashidi scandisce slogan contro Khamenei e a favore di Maryam Rajavi e l’audio di detenuti maschi che intonano l’inno nazionale “Ey Iran”.

Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI),
26 settembre 2025

Video di Somayeh che grida: “Abbasso Khamenei, viva Maryam Rajavi!”

Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana
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